Marco Cavalieri
Roma, ITALIA
www.flickr.com/photos/cavalieriarte
www.flickr.com/photos/cavalieriarte
Marco Cavalieri
Roma, ITALIA
www.flickr.com/photos/cavalieriarte
www.flickr.com/photos/cavalieriarte
CENNI BIOGRAFICI
È scultore e pittore. Vive e lavora a Roma. Ama utilizzare tutte le tecniche e i materiali disponibili per realizzare le sue opere, prediligendo in particolare i metalli. L’espressione artistica nasce da una forte esigenza interiore e si palesa attraverso uno stile rigoroso, quasi gotico, “tra fiamma e acciaio”. Spazia dall’espressionismo al simbolico e all’onirico fantastico, fino al POP, senza chiudersi in alcuna corrente. La figura umana è dominante. Il tempo presente e la sua complessità rappresentano le tematiche indagate.
OPERA IN CONCORSO
MY TIME, 2018
SCULTURA - alluminio, plastica e legno
cm 18 x 39 x 18
Per Marco Cavalieri, artista romano, è forse l’idea del congegno come metafora di meccanismi interni a segnare il primo approccio con l’opera. Che si nutre anche, scrive lo stesso artista, di un principio vagamente dadaistico e concettuale di personali accumuli di memorie e oggetti simbolici, introducendo nel lavoro anche manometri, termometri, chiavi e forse strumenti di misurazione dello stato fisico delle cose. Alla base dell’opera è dunque l’idea di una tecnica interpretata romanticamente, che annette alla dinamica della sua struttura (girevole sul suo asse verticale) un significato che va al di là del dato prettamente funzionale e rinvia ad una logica più misteriosa, implicata con la stessa tecnologia delle attività umane. Ed è proprio l’alluminio, che riveste l’opera e ne costituisce l’abito, per così dire, su cui l’artista imprime i suoi criptici segni fondativi, che attutisce la prima impressione di un assetto puramente totemico, restituendo finemente al manufatto un senso di più pacato e sobrio intimismo.
Giorgio Agnisola
RICONOSCIMENTI
MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA 2018
con la seguente motivazione:
“Nell’opera My time di Marco Cavalieri, l’originale assemblaggio di oggetti e lastre incise di alluminio a configurare un immaginario congegno girevole, confezionato a modo di totem, rimanda all’idea di meccanismi interni della vita, tra memoria e tempo. “
(dal verbale della giuria)
Intervista di Rosa Manauzzi
Il progetto dell’opera, può essere mutevole, anche in fase realizzativa, a volte mi capita di cambiare e addirittura stravolgerne il contenuto, ciò è determinato essenzialmente da un’intuizione del momento.
Dopo il liceo artistico hai scelto la via dell’architettura. Quali erano i tuoi idoli artistici durante gli studi e quali i tuoi obiettivi?
L’architettura mi affascinava prettamente per il discorso progettuale, in particolare nella fase del primo sviluppo della fase creativa; purtroppo mi accorsi presto che i margini di azione riguardanti fantasia e creatività erano assai esigui, stretti da problematiche di tipo strutturale, tecnico, leggi, vincoli urbanistici ecc..
Personalmente mi ispiravo a Louis Kahn, per il suo rigore minimalista e per la sua visione quasi gotica di intendere il costruire.
Attualmente, nelle tue opere, si riflettono varie correnti, ma preferisci non essere inquadrato in nessuna di esse, combinando spesso tecniche e modelli per ricavarne un quadro del tutto originale e attualizzato. Cosa vuoi rappresentare del presente che ci circonda?
Nelle mie opere comunico la mia personale visione della realtà e il rapporto e la correlazione tra persone. La creazione è legata poi ad uno stato d’animo del momento che ne suggerisce l’idea iniziale.
Congegni, meccanismi, parti meccaniche in grado di unirsi ad oggetti diversi; una meccanizzazione che trova riscontro nell’uomo tecnologico di oggi. Eppure, nell’accumulo degli oggetti che scegli c’è un fattore determinante: la memoria. Passato e presente si fondono. Saggezza e superfluo (l’oggetto può essere ridondante, di scarto), due momenti temporali così diversi eppure vicini. Cosa lega gli elementi delle tue opere?
La memoria è bagaglio culturale di ognuno, essa forma anche il carattere e ne determina l’unicità. Nella fase realizzativa utilizzo vari materiali perché ognuno di essi possiede una caratteristica fisica intrinseca e un rimando storico. Formo solitamente uno scheletro di acciaio e successivamente lo riempio come a creare un vestito addosso.
I vari materiali sono assoggettati al fine creativo, il materiale è sempre un mezzo espressivo, mai il fine o solo ornamento.
Colombina
La tua scultura My Time (2018, alluminio, plastica, legno), è stata selezionata per la VII edizione del Premio internazionale COMEL e ha ricevuto una menzione speciale della giuria (formata dai critici d’arte Giorgio Agnisola, Andrea Baffoni, Lorenzo Canova, Ada Patrizia Fiorillo, e dalla manager Maria Gabriella Mazzola). Un traguardo molto importante. Della tua opera il critico Agnisola dice: “[…] è proprio l’alluminio, che riveste l’opera e ne costituisce l’abito, per così dire, su cui l’artista imprime i suoi criptici segni fondativi, che attutisce la prima impressione di un assetto puramente totemico, restituendo finemente al manufatto un senso più pacato e sobrio intimismo.” Come nasce questo piccolo totem intimistico?
My time è forse l’opera più intimista e personale da me realizzata; qui è rappresentato il tempo nel suo scorrere. Noi tutti ci rivestiamo, negli anni, del nostro vivere, delle nostre esperienze, in particolare qui è rappresentata la mia e le date incise sull’alluminio fanno parte dei momenti importanti e personali del mio vissuto. My Time sono io.
Esponi in collettive e personali dal 1996, soprattutto su Roma, ma anche in altre importanti città d’arte italiane. Quale mostra ricordi con particolare interesse per quanto ti ha lasciato d’insegnamento e confronto con altri artisti?
Ultimamente ho avuto modo di partecipare anche a diversi premi internazionali, non ultimo il Premio COMEL, ove ho potuto apprezzare l’ottima selezione di opere e l’organizzazione in generale.
Detto questo sicuramente quest’anno il Premio Arte, dell’omonima rivista, organizzato dal Gruppo Mondadori, che si è svolto a Milano e ha visto le opere finaliste esposte nelle magnifiche sale di palazzo Reale, mi ha particolarmente coinvolto e riempito di soddisfazione, anche perché era il primo anno a cui partecipavo a questo prestigioso appuntamento d’arte.
In questa occasione ho presentato l’opera Gold Fish, un grande pesce sottomarino verniciato in oro, apribile a metà ed ispezionabile all’interno.
Una creazione di pura fantasia e di un certo impegno progettuale.
Gold Fish
Il momento della saldatura è probabilmente uno dei più importanti nella costruzione dell’opera. Il fuoco crea il legame, come in un processo alchemico. Lo stesso che ti piace proporre nelle lampade (la luce rievoca il calore e il fuoco del fabbro-artigiano). I metalli si piegano al tuo volere per seguire il tuo progetto. Capita che siano i metalli stessi a guidarti, mutando quanto avevi programmato?
La saldatura coincide con l’attimo della creazione, il momento di maggior concentrazione, il più affascinante, il momento della nascita e della trasformazione di
una materia in un’altra, la crisalide che si fa farfalla….
Il progetto dell’opera, può essere mutevole, anche in fase realizzativa, a volte mi capita
di cambiare e addirittura stravolgerne il contenuto, ciò è determinato essenzialmente da un’intuizione del momento.
Quali sono le opere fin qui create dalle quali ti senti meglio rappresentato?
Le opere che più mi rappresentano sono quelle in cui è forte la presenza della componente di sintesi simbolista, dove chiaro e forte è il messaggio che deve essere trasmesso all’esterno.
Il tuo prossimo progetto?
In questo periodo a parte i diversi premi d’arte a cui sono iscritto, mi sto dedicando in particolar modo ad un progetto per una personale, sul tema del giocattolo, realizzando opere sfruttando ogni materiale possibile e dove la fantasia veramente non ha limiti, dove il colore deve fornire gioia agli occhi di chi guarda. Alcune di queste opere saranno esposte in primavera, come anticipazione, nelle sale del Museo del Giocattolo a Palazzo Rospigliosi, Zagarolo (RM).