Intervista a Giorgio Agnisola
di Ilaria Ferri
Presidente di giuria dal 2013, il prof. Giorgio Agnisola è un vero e proprio mentore per l’organizzazione del Premio COMEL. Una personalità di rilievo nel mondo della critica, nel mondo accademico e culturale, che ha visto nascere e crescere il Premio, ne ha sposato gli obiettivi e l’impostazione dedita alla promozione dell’arte e degli artisti contemporanei, scevra da ogni interesse di mercato.
Nei suoi scritti critici ha ravvisato nel percorso di molti grandi artisti una propensione verso l’Oltre, non necessariamente in senso religioso, piuttosto una riflessione che tenti di dare risposta a domande di fondo, a dare voce al lato spirituale di ciascuno di noi, che colga l’essenza al di là della forma. Secondo lei l’Arte è uno strumento prezioso per raccontare qualcosa che non è definibile a parole?
Indubbiamente. L’arte è per sua natura anche un inoltro nell’invisibile. È una capacità nativa dell’uomo, un’attitudine, oltre che un’esperienza e una tradizione e un mestiere. Nel momento in cui un artista si esprime, egli tende a rappresentare e significare un complesso di intuizioni, di emozioni, idee, spinte immaginative e così via che neppure sa fino in fondo da dove gli derivino. Sente il bisogno di esprimersi e lo fa traducendolo quel sentire interno in forma, colori, architettura, azione e così via. In questo suo fare c’è il suo mondo: la sua dimensione visibile e quella invisibile. Non bisogna tuttavia dimenticare che l’arte è comunque un fare, un produrre. L’opera in genere -mi riferisco in particolare alle arti visive- è un manufatto che si vede e si può toccare, ha una sua fisicità. È qui, anche, la bellezza dell’arte, che entra nella sfera del visibile muovendo da una misteriosa origine e diventa nelle opere qualcosa che appartiene al mondo, entrando nell’esperienza fisica e materiale dell’uomo.
Il prof. Agnisola premia Silva Cavalli Felci, vincitrice della quarta edizione del Premio COMEL
Recentemente ha curato una raccolta di contributi tratti dal convegno “Arte e dialogo nel Mediterraneo”, tenutosi a Napoli nel 2019 ed edita da Il Pozzo di Giacobbe. I vari interventi hanno sottolineato il potere dell’Arte e della Cultura quando diventano strumenti di dialogo tra popoli, mezzi per avvicinare, per creare una società solidale e inclusiva, nonostante le differenze di usi, lingue, tradizioni e culture. Anche il Premio COMEL ha portato avanti sin dalla sua prima edizione questi valori, questo desiderio di creare l’opportunità di incontro, ribadito ulteriormente quest’anno con l’edizione “Legami in Alluminio”. È secondo lei un tratto distintivo di chi ha passione per l’Arte e il Bello oppure è un processo che la cultura innesca a poco a poco come un piacevole e benefico “effetto collaterale”?
Per sua natura l’arte è aperta al dialogo, perché attinge a spinte naturali dell’uomo, come ho detto, al suo bisogno di esprimersi e comunicare. Ab origine supera le barriere ideologiche, i conflitti politici, gli steccati sociali. Se questo talora non accade è perché l’arte viene strumentalizzata, diventa, grazie al suo coinvolgente linguaggio, opportunità di persuasione, come è accaduto spesso nella storia, quando è stata ingaggiata dalla politica e dal potere. Anche se poi sovente accade che il valore dell’opera, se autentica, finisce per trascendere comunque la sua strumentale utilizzazione. L’arte, nella sua natura, anche se funzionale, anche se applicata, deve restare nell’espressione libera, vera, aperta. È in questo senso che può essere il luogo in cui l’uomo si riconosce nella sua umanità, intercettando i segni di una verità antropologica che accomuna uomini di razze, ceti, e società diversi. Venendo al Premio COMEL, esso nasce anche con un intento di apertura, di collegamenti, di condivisioni, proprio per l’impostazione che i suoi fondatori hanno dato all’iniziativa, al di là delle logiche del mercato, nel segno di una sperimentazione linguistica coltivata nell’utilizzo di un particolare materiale. Ciò colloca il premio su di un piano di assoluto valore culturale.
Il suo rapporto con il Premio COMEL è stabile da ben sette edizioni, cosa l’ha colpita all’inizio? Come è cresciuta e cambiata secondo lei questa competizione ormai divenuta internazionale?
Per le ragioni che ho appena citate, ho creduto nel premio fin dal primo momento. Ho avvertito questo senso di limpidità ispirativa che anima l’iniziativa. Il premio del resto nasce anche per un devoto omaggio ad una figura di imprenditrice che amava l’arte, sull’onda di forti sentimenti, e mi piace ricordare che non solo la sig.ra Migliorin, ma anche il marito, recentemente scomparso, l’accompagnava in modo silenzioso in questo viaggio spirituale, anche con una sua vena tecnico-inventiva, che è una precisa forma d’arte, e che in lui ho sempre ammirato. E dunque mi è stato spontaneo aderire a questi ideali e dare il mio contributo. Il merito è dei promotori, di Gabriella ed Adriano Mazzola, con i quali sento una consonanza ideale e pratica. Del resto il premio è stato anche il risultato di un lavoro di squadra. E mi piace ricordare anche tutti coloro che, per un breve o esteso periodo di tempo, hanno collaborato con l’iniziativa. Quello che mi auguro è che non venga mai tradita la spinta originaria, quella autenticità che fa del COMEL, un premio a mio parere raro nel mondo dell’arte.
Retrospettiva su Aligi Sassu allo Spazio COMEL, 23 Novembre 2019
In questi anni, oltre ai partecipanti al Premio COMEL, nella sua carriera di critico e studioso ha incontrato sicuramente svariati artisti che usano l’alluminio. Ha mai avuto l’impressione che le caratteristiche di un materiale possano influire sulla creatività di un artista? o viceversa l’artista decide di utilizzare un materiale specifico perché le sue caratteristiche saranno fondamentali per raggiungere il risultato voluto?
Ho sempre sottolineato la specificità del materiale proposto, l’alluminio, come una vera opportunità creativa. Che implicitamente sottolinea come ogni materiale può avere, per così dire, una sua espressività se attraversata dall’intuizione dell’artista. Ciò aiuta anche a comprendere come fare arte significhi conoscere gli strumenti di lavoro, valorizzare i mezzi che si adoperano, coltivare le abilità, le tecnologie, le tecniche. Tutto questo l’alluminio favorisce, per le sue particolari proprietà fisiche e chimiche che il premio, edizione dopo edizione, ha messo in evidenza con illuminata intuizione.