Intervista a Mirella Saluzzo
di Ilaria Ferri
Mirella Saluzzo è una pittrice e scultrice che vive e lavora tra Ravenna e Milano. Nei primissimi anni ’80 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Brera. Sin dagli albori della sua carriera sperimenta materiali e linguaggi diversi facendo dialogare pittura e scultura, con un uso spregiudicato di forme e colori.
Inizia a utilizzare l’alluminio sin dai primi anni ’90 e la sua ricerca artistica la porta a interrogarsi senza sosta sullo stretto legame tra spazio e opera che diventano un tutt’uno in uno scambio che genera significato. I colori si attenuano e le forme sempre meno ardite giungono a un rigore ed essenzialità senza mai abbandonare una poeticità che le è propria. I suoi lavori richiamano ora la precarietà e instabilità del presente e invitano a guardare oltre, verso nuovi orizzonti, mondi lontani.
Le sue opere, presenti in collezioni pubbliche e private, sono state esposte in molteplici e prestigiosi luoghi del centro nord Italia.
Si è diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Brera nel 1979, da quel momento è iniziata la sua carriera di artista e il suo percorso di ricerca. Che cos’è l’Arte per lei? Quale è stato il momento in cui ha capito che l’Arte avrebbe fatto parte della sua vita?
Il giorno in cui mi sono licenziata dal mio lavoro sicuro per iscrivermi a Brera ho fatto una scelta che sapevo avrebbe decisamente cambiato la mia vita.
L’arte mi ha portato ad essere ciò che oggi sono, a vedere oltre le forme del reale, ad allargare l’orizzonte dell’ovvio per cercare esperienze diverse.
Nella sua produzione artistica pittura e scultura si alternano felicemente. Sebbene si sia diplomata in pittura, la scultura è preponderante tra i suoi lavori. Come è arrivata alla scultura? Come avviene la scelta della tecnica da utilizzare? In base all’idea di partenza o in base alla sua realizzazione? Quale delle due le permette di esprimersi più liberamente?
Pittura e scultura hanno sempre coabitato in me. Negli anni 80’ mi interessava la creta, poi gli assemblaggi con vari materiali e infine, da circa venti anni, utilizzo lamiere dall’alluminio che finora mi hanno dato la possibilità di esprimermi al meglio. Restano comunque evidenti nei miei lavori di scultura le tracce dei miei trascorsi pittorici.
Ogni attività creativa è conseguenza della necessità di portare “oltre” la ricerca; così, almeno per me, nasce l’idea che, dopo accurate verifiche, porta alla realizzazione dell’opera. È in questo percorso che vengono scelti i materiali e la tecnica da utilizzare.
Azione di sorpresa, 2019. Scultura posta sulla parete esterna del suo studio di Ravenna.
Ha frequentato l’Accademia di Brera in un periodo d’oro e ha potuto incontrare personalità come Guido Ballo, Luciano Caramel, Luigi Veronesi, Roberto Sanesi. Quanto la presenza di storici e critici può incidere sul percorso di un artista? Nello specifico, quanto hanno influenzato il suo modo di intendere e praticare l’arte? E quali altri artisti invece sono stati suoi punti di riferimento?
Da Roberto Sanesi, Guido Ballo e, in particolare, da Luciano Caramel, cui mi lega una corrisposta amicizia, ho appreso gli strumenti conoscitivi che, da allora, mi permettono di confrontarmi con l’opera d’arte; da Luigi Veronesi, con il quale ben presto è stato superato il rapporto maestro/allieva, ho invece appreso il “fare” nell’arte. Diversi sono gli artisti delle avanguardie ai quali ho guardato, ma forse, W. Kandinsky è quello che ha maggiormente catturato il mio interesse.
Mi considero, quindi, fortunata per aver vissuto un così ricco periodo formativo. Questi personaggi importanti ma al tempo stesso disponibili e aperti al dialogo hanno sviluppato in me la determinazione di portare avanti con serietà la mia ricerca, rifuggendo da facili consensi.
Le sue opere, dagli inizi a oggi, sembrano appropriarsi sempre più dello spazio: aumentano le dimensioni, dalle prime linee geometriche si passa a movimenti sinuosi che si arrampicano, si arrotolano e si allungano nello spazio. Il movimento sembra essere insito in esse e sembra guidarle alla ricerca di qualcosa. Secondo lei l’Arte è un modo per esplorare e conoscere lo spazio? Sia quello interiore sia quello che ci circonda?
Infatti è così. Nelle mie opere, come dice Elena Di Raddo nel suo testo “il respiro della scultura” presente nel catalogo edito per la mostra “Mirella Saluzzo Fuori asse“ , attualmente esposta alla Fondazione SABE per l’arte di Ravenna, “…. emerge un significato che va certamente oltre la dimensione formale dell’opera, un aspetto più intimo e riflessivo che si apre sull’osservazione della realtà dell’uomo e del mondo in cui vive”.
Into the Wave, personale alla Fondazione Cassa di Risparmio, Imola 2012
Ha iniziato a utilizzare l’alluminio negli anni ’90, senza mai abbandonarlo. Sebbene le testimonianze storiche sull’uso estetico dell’alluminio non siano affatto recenti, non è il metallo più utilizzato dagli artisti. Come l’ha scoperto? Cosa l’ha fatta innamorare dell’alluminio?
È stata una scoperta casuale. All’inizio cercavo un materiale che fosse piuttosto leggero, facile da trattare anche nelle grandi dimensioni. Poi, una volta provato, ho visto che riuscivo ad ottenere i risultati che mi prefiggevo e così ho continuato ad usarlo.
Nelle sue opere sono costanti alcuni temi: come il volo e il movimento (mi riferisco alla serie dei Rolling up, o gli Attraversamenti o altre opere meno recenti). Le sue sculture, infatti, anche se di grandi dimensioni, trasmettono leggerezza, dinamicità e una profonda riflessione sull’equilibrio. Inevitabilmente dalle forme traspare l’idea: ovvero una ricerca di libertà e di equilibrio. Questi sono temi che sente particolarmente o sono scaturiti in maniera casuale durante il suo percorso artistico?
Slittamenti, scivolamenti, scale impraticabili, tagli, diagonali, vibrazioni, colpi d’ala, discese e risalite, portano sempre la mia opera verso un equilibrio che, solo apparentemente, appare precario.
Questi temi non sono entrati nella mia ricerca in modo casuale; come già detto, sono consapevolmente metafora dell’uomo d’oggi e del tempo che viviamo.
Exit – 2019
Ha partecipato al Premio COMEL con l’opera Relazioni, guadagnando una menzione speciale della giuria che è rimasta affascinata dal suo lavoro. Come è nata l’idea di partecipare al concorso? Cosa le ha fatto decidere di iscrivere proprio quest’opera? Come è stata secondo lei questa esperienza?
Sono sempre stata restia a prendere parte a manifestazioni di questo genere, ritenendole più adatte ad artisti più giovani. Ma questa volta, motivata dalla serietà del Premio e dall’entusiasmo degli organizzatori che, nonostante il difficile periodo pandemico, hanno continuato, con il loro impegno, a dare testimonianza dell’importanza sociale dell’arte, ho deciso di porre a giudizio la piccola scultura “Relazioni” che stavo portando a termine proprio nel periodo in cui ho maturato la mia decisione.
Con mia grande sorpresa ho ricevuto la menzione speciale dalla giuria che, ovviamente, mi ha fatto molto piacere.
È stata, per me, quindi, un’esperienza molto gratificante e mi rammarico di non aver potuto presenziare all’inaugurazione.