Intervista a Mariangela Calabrese
di Ilaria Ferri
Artista dai molteplici interessi, Mariangela Calabrese è pittrice e scultrice in continuo movimento. L’essenza della sua attività è data dalla continua sperimentazione di linguaggi: un percorso di contaminazione e proiezione, osservazione e rielaborazione. Intatti dal 1980 la sua ricerca artistica è intesa soprattutto come sguardo di indagine e riflessione nei confronti della tradizione artistica del Simbolismo di fine ‘800 per arrivare all’Informale fino ai giorni nostri. La pittura, la scultura, i libri d’artista, le installazioni, le opere ambientali, le performance relazionali sono piccole tappe di un cammino che si fonda sulla costante voglia di comunicare e l’imperativo, sentito come propria responsabilità di artista, di dare significato a ogni suo lavoro.
Nel 1982 dopo aver seguito presso l’Istituto Statale d’Arte di Roma il corso di ceramica sotto la guida del prof. Nino Caruso, si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone con lode, tesi discussa con il prof. A.B. Del Guercio. Nel 2008, ha conseguito con il massimo dei voti anche il Diploma di Laurea in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo specializzazione in pittura. Accanto alla sua attività artistica affianca il delicato compito di avvicinare al Bello e formare le nuove generazioni insegnando Discipline grafiche e pittoriche presso il Liceo artistico di Frosinone. Sebbene negli ultimi anni abbia concentrato la sua attività espositiva in spazi prevalentemente museali, le sue opere sono state esposte in collettive e personali in luoghi istituzionali e gallerie private in giro per tutta l’Italia (Napoli, Milano, Roma, Bologna ecc.) e all’estero, sia in Francia sia negli Stati Uniti. Ha partecipato a progetti di mail art in tutto il mondo.
Afferma che la sua ricerca parte dalla riflessione su alcuni importanti movimenti artistici del secolo scorso e precedenti come il Simbolismo e l’Informale per i quali l’arte, figurativa e non, ha molto a che fare con la sfera spirituale e interiore. Significa dunque che l’Arte, secondo lei, è un mezzo per conoscere ed esprimere sé stessi? Quanto l’esperienza dei suoi modelli è stata importante per capire il suo rapporto con l’Arte?
Sin dall’inizio della mia formazione ho intuito e appreso che l’Arte è linguaggio, comunicazione, direi soprattutto partecipazione. Attingere alla sfera spirituale e interiore come mezzo per conoscersi e per conoscere diventa un tutt’uno per la mia ricerca artistica. Elemento fondamentale del Simbolismo è che sotto la realtà apparente che si percepisce attraverso i sensi ve ne è un’altra più profonda e talvolta indecifrabile a cui si può giungere attraverso l’arte, la poesia, la letteratura… Con l’Informale, al di là delle apparenti “mutazioni” delle forme storiche, che avevano dominato l’arte fino al 1940-1945 del secolo scorso, si indaga una vita del “profondo”; gli artisti, in quel periodo, riproposero nei vari ambiti un primato dell’espressione non solo in senso individuale ma affrontando e “sfidando” l’oggettività del tragico. Ecco io mi sono sempre sentita molto vicina a queste poetiche – problematiche per Indagare il mio istinto artistico.
Nelle sue opere sono molteplici i riferimenti letterari, non solo è autrice di vari libri d’artista, ma sono tante anche le citazioni di grandi classici della letteratura sia tra le sue pitture che nelle installazioni e nella scultura. La scrittura sembra per lei essere un mezzo espressivo da legare a doppio filo con l’arte e la narrazione è un tratto distintivo delle sue opere. L’Arte secondo lei può essere un mezzo “narrativo”? Varie discipline, linguaggi diversi, possono convivere e arricchirsi vicendevolmente?
Penso davvero che la ricerca artistica non abbia limiti; non si possono definire i confini ad un pensiero artistico e le molteplicità di materiali e tecniche utilizzati concorrono in verità a creare un’opera, a comporre un pensiero. Per esempio quando ho realizzato “Il rumore del respiro” eravamo all’inizio della pandemia, la comunicazione forniva quotidianamente “il bollettino di guerra con tanto di numero dei caduti…”; ho sentito il doveroso bisogno, la necessità impellente di fare qualcosa per loro: un tributo, o un contributo di memoria, a quanti non ce l’avevano fatta. Il pensiero è stato immediato, come un morso: la modalità tecnica per raffigurare la mia idea non poteva che essere in “terracotta – terraglia bianca”. Bianco! Rigorosamente bianco. Il bianco vigoroso procurato dalla somma di tutti i colori, dove nessun colore prevale sull’altro ma che può avere infinite variazioni tonali, creare vuoti e pieni, luci e ombre. Ma l’episodio “sociale” si è fatto all’improvviso matrice e prosecuzione di un lavoro più ampio, “resoconto senza scadenza”. Come se questa tecnica – il fascino unico di mutare e modellare la materia – mi avesse preso la mano con ostinazione e mi avesse condotta per nuovi percorsi narrativi. Come se l’argilla avesse soppiantato di colpo il piacere della pittura o il desiderio della scultura. Così l’anno scorso quando sembrava che fossimo all’epilogo della pandemia ho realizzato l’opera “Presenze”. 50 volti (di presenze appunto) in terraglia bianca adagiati su un “sudario” (bianco) installato poi sul pavimento di una chiesa per evocare, intimamente, un risoluto buon auspicio…. Questo per me significa raccontare e rivelare con le tecniche artistiche. Al pari della letteratura, della voce poetica, di quella musicale: linguaggi diversi e molteplici che arricchiscono il pensiero e l’esperienza creativa.
Presenze, 2020
Si legge nella sua biografia che tra le sue priorità c’è “la voglia di comunicare”: sente forte il desiderio di entrare in contatto con chi osserva i suoi lavori. Sembra chiaro che lei intende l’arte come uno strumento comunicativo (e non prettamente espressivo). Lo dimostrano le sue opere relazionali o i vari progetti di mail art a cui ha partecipato. Quando si mette a lavoro, parte da un messaggio chiaro e netto che vuole indirizzare all’osservatore o questo messaggio prende forma man mano che realizza la sua opera?
L’arte non può essere solo rappresentazione e osservazione, necessità dello spirito o percezione inafferrabile e intuitiva di elementi ma, inevitabilmente deve stabilire un dialogo, una intesa, soprattutto un confronto. Quando il pensiero dell’artista si manifesta questo deve essere “strumento di colloquio” e coinvolgere lo sguardo, il respiro, la voce degli altri. Arte come luogo di percezioni e di disputa, di manipolazione e di consapevolezza. Uno spazio esteso dove accogliere e dibattere. Dove l’aspetto intuitivo ed emozionale si fa resoconto di più recondite “controversie”. O conoscenze. Da qui, probabilmente, la mia predilezione per “l’Arte relazionale”, una forma di comunicazione dove si è tutti fruitori “allo stesso modo” e maggiormente lo è “l’Arte Pubblica Relazionale” in cui le opere possono essere create con il coinvolgimento diretto ed esecutivo del pubblico (dal 2007 faccio parte dell’Associazione zerotremilacento A.P.R. di Frosinone che agisce con azioni d’arte caratterizzate da queste modalità operative.
Oltre al bisogno di comunicare, ha affermato che sente fortemente anche la “responsabilità di significare”. Avverte il peso e l’importanza di dare significato a ciò che comunica, quindi alla qualità della corrispondenza con l’osservatore. Questa responsabilità è legata a una sorta di “missione” che secondo lei dovrebbe avere l’Arte (pedagogica, sociale, politica, narrativa, ricreativa ecc. ecc.)? o al semplice desiderio di un dialogo costruttivo con l’altro?
Nei secoli l’Arte, e pertanto gli Artisti, hanno tracciato solchi determinanti nella vita dell’uomo segnandone il cammino, la conoscenza, direi l’evoluzione. Il significante dell’arte invade e pervade il tempo del confronto, del contraddittorio, della riflessione, del progresso, ciò indica che l’artista, in quanto esecutore dell’opera è legato alla “responsabilità di significare”; non si può sottintendere solo un ruolo “taumaturgico” dell’opera d’arte.
Della terra, del cielo e altro ancora, 2021
Sebbene nasca pittrice, con qualche incursione nella ceramica, negli ultimi anni ha realizzato diverse sculture e installazioni. Come è nata l’esigenza di sperimentare altri linguaggi? Cosa vuol dire per lei maneggiare i materiali (i suoi lavori sono in terracotta, metalli, legno) e ampliare costantemente le possibilità espressive delle varie tecniche che sperimenta?
Ho sempre amato sperimentare e le “contaminazioni” tra i codici di rappresentazione delle varie discipline artistiche mi hanno sempre affascinato. Utilizzare diversi materiali e tecniche, ma anche dimensioni diverse (ad esempio realizzare una installazione pittorica di extended painting di 162Mq come nell’opera di Land Art: “L’altro affluente” oppure un dipinto 20×20 cm) è stimolante e appagante allo stesso tempo. Questa molteplicità di impieghi mi porta alla conclusione che, per “raccontare” è talvolta “necessario” farlo con una determinata tecnica piuttosto che con altre. La tecnica, la dimensione, i materiali utilizzati entrano a far parte – quasi intimamente – del piano narrativo, quasi fossero caratteri della scrittura, segni distintivi, opportunità.
Traettorie incrociate, 2021
Ha partecipato al Premio COMEL arrivando tra i 13 finalisti con l’opera “Di legami sospesi e dorate intrusioni”, quest’opera coglie in senso pieno, fisico e simbolico il tema Legami in Alluminio, come è nata l’idea che ne è alla base? Aveva già utilizzato l’alluminio in altri lavori? Cosa le ha fatto decidere di iscriversi? Come è stata per lei questa esperienza?
Sono felicissima di essere stata selezionata fra i 13 finalisti del Premio COMEL, e di aver conosciuto il “pianeta COMEL”. Un amico mi ha suggerito di partecipare, “è un premio importante!” diceva. Così dopo aver attentamente letto il bando, riflettuto sul significato del tema proposto e verificato la funzionalità del “prototipo” sono arrivata a concepire l’opera: “Di legami sospesi e dorate intrusioni”. In particolare mi intrigava la texture formata dall’ordito dei fili che mi proiettava nell’attuale realtà pandemica (quasi meridiani e paralleli capaci di attraversare indistintamente l’intero pianeta), come se il groviglio evocasse il mio stato d’animo, (ma ho immaginato dell’umanità tutta) avvolti da un nemico sconosciuto, invisibile e terribile. Il filo “d’oro” che l’attraversa vuole essere un messaggio (filo) o un desiderio di speranza. E’ in questa occasione che per la prima volta ho usato l’alluminio, ho scoperto che è un materiale che mi conquista per la sua duttilità e le proprietà coloristiche. Posso tranquillamente dire grazie al Premio COMEL per avermelo fatto conoscere e utilizzare. In seguito ho realizzato altre opere con l’alluminio una delle quali è oggi in permanenza presso un Museo.