Intervista ad Alessandra Rovelli
di Dafne Crocella
Nata a Rivolta d’Adda (CR) dove vive e lavora, trova ispirazione nel continuo confondersi del limite tra cielo e terra, nelle atmosfere rarefatte, studia da sempe il paesaggio per sentirne i profumi e raccontarne le storie. Durante la sua formazione come tecnico ceramista e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, sviluppa un forte interesse per i materiali e la loro versatilità. In particolare, la sua attenzione é rivolta alla componente tattile, ottenuta attraverso la stratificazione di materiali naturali come il carbone, la cenere o la terra brulla.
Con l’opera Il Senso Mutevole del Nostro Andare hai vinto a furor di popolo il Premio del Pubblico della X Edizione del Premio COMEL. Tanti i giovani che l’hanno apprezzata e molti i commenti lasciati. Che sensazione ti ha dato questo riconoscimento? Avevi già avuto modo di notare come il tuo lavoro fosse piacevolmente accolto dal pubblico?
Ho avuto il piacere di conoscere durante la premiazione molti dei giovani che avevano votato l’opera e che addirittura avevano sentito l’urgenza di lasciare un commento. Timidamente si sono avvicinati per confidarmi la loro preferenza e per scambiare due parole in merito. Non posso che esserne lusingata, addirittura commossa leggendo certi passaggi e nel sapere di aver trasmesso la forza espressiva che ho tentato di dare all’opera.
Mi è sempre piaciuto confrontarmi col pubblico riguardo alle sensazioni che prova osservando le mie opere, è curioso sapere la loro interpretazione, cosa scaturisce ad ognuno un mio paesaggio, a volte sono ricordi, a volte emozioni, a volte domande sui luoghi rappresentati o la storia che contengono.
“L’opera colpisce, già dalla prima occhiata, con una forza espressiva che ti fa perdere nella distesa brulla del suo paesaggio. E’ un mondo magnetico e solitario che non lascia scampo all’occhio, alla mente e al cuore di chi lo guarda.” E poi ancora “Un paesaggio lacustre dai contorni fumosi e dal gioco di luce fatto di chiari e scuri che catturano immediatamente non solo lo sguardo dell’osservatore, ma anche la sua immaginazione”. Questi solo alcuni dei commenti dei visitatori della mostra. Ne emerge un potere magnetico che porta gli osservatori ad immergersi nell’opera, quasi a lasciarsi risucchiare dal paesaggio. Nel tuo intento creativo è già presente la volontà di creare luoghi di evasione? O emergono una volta che incontrano l’osservatore?
I paesaggi che dipingo sono spesso luoghi-non-luoghi, ovvero composizioni inventate da me con l’intento di trasmettere una particolare atmosfera, altre volte invece prendo ispirazione dal mondo reale cercando di fissarne la sensazione che mi ha colpita. Indipendentemente da ciò che mi ispira ritengo che il mio fare arte sia per me una forma di evasione e, da ciò che percepisco attraverso il confronto con il pubblico, credo che questo avvenga anche in chi osserva le mie opere: penso che sia il potere dell’arte con la sua capacità di trasportarci altrove, in luoghi spesso interiori dai quali trarne benessere e desiderio di evasione.
Luccica sparso il vento
Il tema di questa edizione del Concorso è dedicato all’esperienza. Come senti che la tua opera abbia risposto a questo tema? Il titolo rimanda ad un “andare”, un procedere che accomuna il genere umano. In che modo consideri questo andare “mutevole”? E’ questo parte del senso di “esperienza” che caratterizza le vite umane?
Vaga e divaga l’occhio tra la distesa di neve e la cortina di alberi color carbone.
Presenze misteriose da aggirare o rifugio sicuro nel quale trovar riparo?
E ancora, dove prosegue l’infinito oltre l’orizzonte?
Nell’individualità dell’uomo sta la risposta.
La capacità di ognuno di porsi di fronte ad un’opera e trarne significati diversi, a seconda del proprio sentire, fa sì che l’opera stessa trasmuti in altro da sé.
Al di là del bosco, caratterizzato da presenze misteriose dipinte con il carbone, si apre un cielo mutevole e cangiante proprio per la natura stessa del materiale con il quale è realizzato: l’alluminio.
Per effetto della riflessione della luce, e a seconda della posizione dal quale si guarda l’opera, si ha la percezione di un quadro diverso. Metafora delle diversità, dei cambiamenti e delle visioni differenti che abitano l’animo umano in ogni sua esperienza.
La tua ricerca artistica si muove principalmente sui paesaggi. Una scelta difficile che rischia di sovrapporsi a tanta arte che ci ha preceduto. Eppure nel tuo lavoro riesci a trovare un tratto unico, autentico, che arriva all’osservatore senza bisogno di mediazioni razionali e scardina sovrastrutture presentandosi come contemporaneo e al tempo stesso immanente. Quanto l’ambiente in cui vivi, la Pianura Padana con le sue terre, le sue nebbie, i suoi vasti cieli ha influenzato questa ricerca? E quanto il tuo lavoro eredita dallo sguardo di altri artisti su queste terre?
Crescere e vivere in Pianura Padana vuol dire far parte di una comunità che ha a che fare da sempre con orizzonti piatti e sconfinati, con distese di terra a perdita d’occhio da coltivare, con la mia amata nebbia che avvolge di fascino ogni cosa e con piccoli e grandi corsi d’acqua che hanno la capacità di stravolgere il paesaggio a loro piacimento. I soggetti che dipingo però vanno oltre i confini geografici dei luoghi in cui sono cresciuta e si ispirano a paesaggi che posso aver visto di persona o più semplicemente in fotografia.
Non posso infatti rimanere insensibile al grande fascino della natura in tutta la sua bellezza e alla pittura di artisti che nel corso dei secoli hanno contemplato l’immensità della natura nei suoi aspetti più primordiali e intensi.
Piccole promesse mantenute
Hai chiamato le tue opere Life-Boxe perché effettivamente quelle che potrebbero sembrare delle tele in realtà sono scatole di cartone rivestite di tela e trattate con una tua tecnica personale. Ogni scatola, con la sua storia precedente di portatrice di oggetti, si trasforma così in portatrice di storie. Attraverso i tuoi paesaggi, naturali come urbani, le scatole mantengono la loro funzione di conservare, proteggere e portare contenuti questa volta immateriali. Da cosa è nata quest’idea? Come si è sviluppata nel tempo e come ti sembra che venga recepita?
L’idea di utilizzare scatole di cartone come supporto al quale applico la tela nasce dalla necessità di dare una identità più completa alle mie opere. Nel mio fare pittura la ricerca costante riguardo ai materiali e alla loro peculiarità ha sempre avuto un ruolo fondamentale.
Nel momento in cui ho sentito l’urgenza di inserire l’aspetto concettuale anche nel supporto, il passaggio dal telaio alla scatola è stato molto naturale proprio per il significato che la scatola porta in sé.
Percepisco una certa curiosità da parte di chi fruisce le mie opere riguardo alla particolarità del supporto che utilizzo. In generale sembra che apprezzino l’idea
A sottolineare il tema della scatola come portatrice di una storia o un messaggio aggiungi ai tuoi lavori dei messaggi su carta che vengono chiusi all’interno delle scatole e non potranno quindi essere letti, ma si sente la loro presenza muovendo l’opera. Che tipo di messaggi affidi alle tue Life Boxes?
Racchiuso all’interno dell’opera inserisco un cartiglio sul quale scrivo a mano una breve poesia o un pensiero composto da me e ispirato al significato simbolico che attribuisco al paesaggio.
Mi piace pensare che, come in una sorta di conversazione muta e silenziosa, chi fruirà dell’opera si immagini una propria frase scritta e custodita all’interno della scatola; un pensiero scaturito dalle proprie considerazioni ed emozioni riguardo al soggetto rappresentato.
Non ti conosco, 2019
Il tuo lavoro è caratterizzato da una attenzione particolare all’uso dei materiali. Nel rappresentare un paesaggio ami utilizzare i materiali che lo compongono. Come se tra la tua mano e quella della natura si stabilisse una tacita complicità, le terre, con i loro grani e la loro pastosità vanno a tracciare e a restituire il loro cromatismo all’immagine di terreni, i carboni ottenuti da legni bruciati tornano a dar forma ai tronchi degli alberi…che rapporto senti che si stabilisce tra materia e immagine, sia per quanto riguarda il mondo naturale che nella tua ricerca espressiva? Ci sono artisti che ti hanno influenzata in queste scelte materiche?
L’attenzione che dedico alla scelta del materiale col quale dipingo nasce dalla volontà di non avere filtri e di eleggere a protagonista dell’opera il materiale stesso che vado a rappresentare.
Credo che sia stato fondamentale per la mia pittura aver approfondito, durante gli anni della mia formazione, lo studio di due di artisti che stimo da sempre: Alberto Burri e AnselmKiefer. Entrambi hanno impiegato nelle loro opere pittoriche materiali inusuali ed elementi naturali che hanno apportato un senso di fragilità ma anche una esaltazione della materia, oltre alla simbologia in essi celata.
In bilico tra due cuori, 2023
Negli ultimi lavori torna frequentemente l’utilizzo dell’alluminio. Che caratteristiche riscontri in questo materiale?
L’alluminio permette alla luce di entrare a far parte dell’opera in maniera prorompente ed unica.
Il sottilissimo strato di alluminio che faccio aderire perfettamente al supporto assume ogni singola trama e screpolatura della superficie sottostante diventando un tutt’uno con essa grazie alla sua estrema malleabilità.
Il mio interesse nei confronti di un metallo così affascinante è iniziata proprio grazie all’edizione del Premio Comel 2020. Infatti, per i sei mesi successivi, ho portato avanti una sperimentazione che mi ha permesso di ottenere dei risultati ottimali. E’ nata così una serie di opere nelle quali l’alluminio é diventato co-protagonista insieme alla granulosità della superficie materica e alla peculiarità degli elementi naturali che impiego.