PREMIO COMEL VANNA MIGLIORIN 2024

Intervista a Stefania De Angelis

di Ilaria Ferri

Frequenta negli anni ‘80 la Scuola della Medaglia presso la Zecca dello Stato e si diploma in decorazione presso l’Accademia delle Belle arti di Roma. Apprende la tecnica della Vetrata e del Mosaico e della pittura a grisaglia in prestigiosi istituti come Domus Dei di Roma, Vetreria Grassi di Milano e Vetreria Fontana di Firenze. È titolare dello studio d’arte Studiolartetutta specializzato in progettazione e realizzazione di vetrate artistiche, decorazioni, pittura, arte sacra, arredamento, scenografie, corsi d’arte e artigianato. Ha partecipato a mostre personali e collettive principalmente a Roma.

Ha partecipato alla XI edizione del Premio COMEL con l’opera “Caduta libera” una composizione che unisce vetro e alluminio. Mentre il vetro è un materiale che usa da sempre, come è stato l’impatto con l’alluminio? Quali sfide o scoperte ha incontrato lavorando con questo materiale?

In realtà l’incontro con l’alluminio, e con altri metalli come ferro, ottone, rame, lo stesso piombo e anche lo stagno utilizzato per le vetrate, è stato più una naturale conseguenza dell’essere nata in una famiglia di artigiani dei metalli. Mio padre aveva una ditta di infissi e costruzioni metalliche, in cui hanno lavorato la maggior parte dei miei parenti, e io stessa in qualche modo sono cresciuta tra officine e capannoni che “odoravano” di metallo e di saldatura, e dove a farla da padrone era il rumore delle macchine che piegano, tagliano, curvano, levigano.

Nessuna paura, dunque! Se l’aspetto tecnico era sotto controllo, l’unica sfida era utilizzare materiali e tecniche, anche quelle nuove come il laser, per portare, anzi direi “trasfigurare” l’artigianato mutandolo in arte. Dopo il giusto, sacro silenzio dell’ispirazione. È così che sono nate alcune mie opere come “Il Maestro”, con una struttura in ferro lavorata a laser e vetri piombati, attualmente presso il Museo degli Sport di Combattimento Fijlkam, e “Il Principe Notturno”, esposto nella Casina delle civette di Villa Torlonia.

Con “Sirena”, un’opera interamente in alluminio, tagliata da un’unica striscia e sagomata, stavolta a mano, ho voluto superare la rigidità dell’alluminio fino a renderlo “sinuoso”. Quella sì che è stata una bella sfida!

In “Caduta libera” l’acqua, rappresentata dal vetro, è metafora delle emozioni umane e nella sua rappresentazione quest’acqua erompe nel mondo, simboleggiato in questo caso dall’alluminio. Come dialogano questi due materiali nella sua opera e che simbolismo attribuisce a questa combinazione?

Eh sì, le emozioni come l’acqua, hanno grandissimo potenziale di forza, soprattutto se trattenute. L’esterno frena, resiste, ma l’acqua è più forte. Scorre incessantemente e scava. Così dolce e morbida e adattiva è l’acqua! Come le emozioni quando diventano prorompenti fino a rompere gli argini. E come la forza della vita stessa, che alla fine, appunto, nasce e realizza l’elemento ponte, che collega materia e spirito.

In “Caduta Libera” dopo la lotta per venire alla luce, per nascere, tutti gli elementi, alluminio, vetro, piombo, stagno, si fondono tra loro dando vita ad una nuova creazione.

il principe notturno

Come è iniziato il suo percorso nel mondo dell’arte? C’è stato un momento chiave in cui ha capito che questa sarebbe stata la sua strada? Quali artisti o esperienze hanno influenzato maggiormente il suo lavoro?

Potrei dire forse che non c’è mai stato un momento chiave, ma è semplicemente sempre stato così. Ho sempre dedicato molto del mio tempo solitario al disegno e alla pittura, fin da bambina, e non ho mai smesso di “praticare”, in tutti i modi, nel restauro, nella decorazione, nella pittura, grafica, progettazione, e nelle vetrate artistiche, che è stata la mia occupazione principale per tanti anni, ancora oggi. In questo percorso ho incontrato, studiato e a volte collaborato con artisti che hanno lasciato il segno nel mio modo di vedere sentire e operare in ambito artistico e artigianale. Innanzitutto i maestri che ho avuto frequentando l’Accademia di Belle Arti a Roma, come Antonio Scordìa, che per primo mi diede il compito di progettare una vetrata artistica quando io ancora non sapevo neanche cosa fosse una vetrata, Guido Strazza, che mi fece capire l’importanza e innamorare della perizia tecnica, Augusto Ranocchi con cui ho in seguito realizzato numerose vetrate, e soprattutto la sensibilità a leggere e interpretare l’arte che mi ha trasmesso il critico d’arte Maurizio Fagiolo Dell’Arco. Poi artisti e artigiani di grande livello nell’ambito dell’artigianato artistico presso imprese come Domus Dei a Roma, Vetreria Fontana a Firenze, Vetreria Grassi a Milano.

E i miei amori “poetici”: Gastone Novelli e Fausto Melotti.

Nella sua carriera ha esplorato diverse tecniche e materiali, unendo il sapere artigianale alla riflessione artistica. Secondo lei, dove si trova il confine tra arte e artigianato? Cosa distingue un artigiano da un artista?

Per me è sempre stato semplice distinguere l’arte dall’artigianato, visto che ho portato sempre avanti contemporaneamente sia l’una che l’altro. Essere artigiani vuol dire essere esperti di un mestiere, realizzare tecnicamente ed esteticamente, un manufatto di qualità, “quasi perfetto” da ogni punto di vista, magari su progetti di altri, o per restaurare parti mancanti o danneggiate. Essere artisti invece vuol dire creare un’opera nuova, originale, frutto dell’immaginazione o dell’interpretazione che il momento creativo o la necessità richiedono. In tutto questo ovviamente c’è un confine, a volte indefinito, dove consapevolmente o inconsapevolmente si sconfina molto allegramente, che è l’artigianato artistico.

Il Maestro, presso Museo Fijlkam

Ha realizzato e restaurato vetrate di chiese e basiliche molto importanti. Cosa l’ha fatta avvicinare all’arte sacra? È stata una scelta consapevole o un percorso che si è sviluppato nel tempo? Secondo lei quali sono le principali differenze tra lavorare su opere sacre e su progetti di arte contemporanea laici?

Fare vetrate artistiche vuol dire quasi naturalmente contattare anche una committenza di questo tipo. E io l’ho accolta ben volentieri! I grandi lavori di restauro o realizzazione di vetrate per la Basilica di San Paolo, la Chiesa di San Giuseppe de’ Falegnami, Santa Prassede, Preziosissimo Sangue, Corpo e Sangue di Cristo, Iglesia National Espanola, Monastero della Madonna del tuono a Samos, e tante altre, mi hanno formato e dato esperienza e gratificazioni. Nell’arte sacra dell’ambito più privato poi, intendo quella funeraria, ho trovato uno spazio di espressione creativa ancora più grande, più ancora che per le vetrate d’arte commissionate per l’arredamento. Sia nell’uno che nell’altro ambito ci possono essere spazi più o meno ristretti rispetto alla libertà espressiva. A volte lavorare per una chiesa significa soltanto restaurare, e per quanto prestigioso e formativo possa essere, è, come dicevo prima, mestiere, artigianato. Mentre in altri casi, come per esempio quello in cui sto lavorando ora, per una cappella privata, c’è un alto margine di espressione e creatività nel creare un “quadro”, a tutti gli effetti, che raffigura una vera e propria storia.

Ha lavorato su commissione per istituzioni religiose e altri enti pubblici e privati. Come affronta il rapporto tra la sua visione artistica e le richieste della committenza? In questi casi, preferisce rispettare la tradizione o trova spazio per innovare?

Come dicevo prima, ci può essere margine di libertà creativa e di innovazione sia nell’ ambito dell’arte sacra che nell’ambito laico di enti o privati. Spesso il privato, o l’architetto per lui, ha già idee di disegno, stile, colori e quindi non rimane che eseguire il lavoro. Altre volte hanno un’idea e mi chiedono di interpretarla, ed è proprio quello che più mi piace fare nel mio lavoro!

Ma ovviamente solo nelle opere d’arte completamente libere dalla committenza c’è l’assoluta libertà dell’artista.

Sirena, presso Hotel Ranieri

C’è un messaggio o un consiglio che vorrebbe dare ai giovani artisti che stanno cercando di costruire il proprio percorso?

Fare, fare, fare. siamo quello che facciamo. Conoscere e fare esperienza di tutti tutti tutti i materiali. Farsi amici almeno un chimico, un disegnatore cad e un bravo artigiano.

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