PREMIO COMEL VANNA MIGLIORIN 2024

Intervista a Karolina Stefańska

di Dafne Crocella

Nata a Cracovia nel 1980. Per 15 anni ha lavorato come attrice per poi spostare il suo interesse sulla scultura. Si è laureata in Psicologia nel 2007, ha studiato all’Accademia Nazionale di Arti Teatrali di Cracovia e si è laureata in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Cracovia. È anche creatrice di gioielli, per i quali ha ricevuto un premio in Giappone. Con i suoi lavori cerca costantemente modi per rivelare l’invisibile o per porre la domanda giusta, anche se non esiste una risposta possibile. Le sue opere sono spesso costruite in strati effimeri di maglia di alluminio e acciaio.

Il tuo lavoro Chips of Memory è stato selezionato dalla Giuria del Premio COMEL ed esposto a Latina nella mostra dedicata ai 13 finalisti. Un’opera che ha certamente suscitato grande interesse nel pubblico, affascinato dalla sua complessa struttura. Potresti raccontarci qualcosa sul processo creativo che ha portato alla sua realizzazione?

È la prima volta che ho lavorato a un’opera così emotivamente intensa per me. Ho affrontato un vero e proprio confronto interiore, cercando di dare forma visiva a sentimenti e riflessioni che tendo a reprimere nella quotidianità, aspetti difficili da esprimere a parole. Ho sentito la necessità di prendermi del tempo per osservare direttamente il problema e arrivare a una sorta di accettazione, comprendendolo nella sua essenza. Questo processo ha trovato una corrispondenza nella mia ricerca dei materiali: ho inizialmente sperimentato con modelli dall’aspetto più opaco, ma avvertivo sempre più l’esigenza di trasparenza per rappresentare la complessità e la natura evanescente dell’identità umana.

La malattia neurodegenerativa e il legame tra memoria e identità sono temi centrali in quest’opera. Hai esplorato queste tematiche anche in altri lavori?

Questa domanda mi porta a riflettere sul fatto che, in un certo senso, questo tema è ricorrente nel mio lavoro. La mia opera Point of View, ad esempio, presentava un’immagine nascosta, riflessa attraverso diverse sezioni dell’iride umana, generando un’illusione visiva in cui le forme potevano essere interpretate in modi differenti a seconda dell’osservatore. Anche il mio più recente progetto, Mind of Its Own, si focalizza sulla mente umana come creatrice della propria realtà e sulle difficoltà della comunicazione interpersonale.

Chips of Memory

Il titolo dell’edizione 2024 del Premio COMEL è Aluminium Beneath the Surface, un invito a esplorare ciò che si cela sotto la superficie, sia nei materiali che nelle persone. In che modo ritieni che la tua opera abbia risposto a questa tematica?

L’idea di creare l’opera attraverso strati trasparenti mi ha permesso di esprimere appieno la sensazione di vivere con una versione frammentata e mutevole di sé stessi. Il mio obiettivo era eliminare ogni riferimento esplicito alla testa umana o al ritratto. È stata proprio questa eliminazione della superficie, a cui siamo abituati, a permettermi di mostrare quanto possiamo essere ingannati dalle nostre percezioni quando osserviamo un’altra persona. Ciò che vediamo non corrisponde necessariamente a come quella persona vede sé stessa.

L’opera è realizzata con una rete di alluminio. Si tratta del primo utilizzo di questo materiale nelle tue creazioni o fa parte di una ricerca artistica più ampia? Quali caratteristiche trovi particolarmente interessanti nell’alluminio dal punto di vista espressivo?

Avevo già lavorato con la rete di alluminio in precedenza e, nel tempo, è diventata uno dei miei materiali prediletti. Sento che ci sia ancora molto da esplorare, poiché le sue possibilità espressive sembrano inesauribili. Apprezzo particolarmente la sua flessibilità, la capacità di mantenere la forma e la trasparenza degli strati, che posso trasformare in superfici solide. È, per me, l’equivalente metallico dell’argilla. Credo che questo materiale continuerà ad accompagnarmi nel mio percorso artistico ancora a lungo.

La tua ricerca artistica comprende anche il cinema e lo studio del corpo come forma espressiva. Ritieni che questi ambiti abbiano influenzato la tua pratica scultorea?

Non credo di poter dire che abbiano avuto un impatto diretto. Tuttavia, tendo a non analizzarmi troppo. Ogni mia opera nasce da una domanda differente, che richiede un approccio e una ricerca specifici. Non mi sento ancora in grado di definire cosa abbia realmente influenzato la mia formazione artistica. Ma, conoscendomi, probabilmente non lo sarò mai. Ho sempre la sensazione di dover porre nuove domande e di avere ancora molto da scoprire. Forse dovrei considerare questo stesso atteggiamento come parte integrante della mia crescita artistica.

Point of view

Chips of Memory è un’opera di grandi dimensioni, capace di trasformare lo spazio in cui è collocata. Quale formato prediligi nelle tue opere? Hai già realizzato altre opere di grandi dimensioni?

Posso quasi sentire le risate dei miei insegnanti in questo momento, perché sono nota per iniziare ogni progetto misurando la porta, per assicurarmi che l’opera, per quanto imponente, possa almeno essere trasportata! Personalmente, considero questa scultura di dimensioni piuttosto contenute, ma sono felice che riesca comunque a modificare lo spazio, proprio come le mie opere più grandi. In genere, le mie sculture più imponenti superano i due metri di altezza, con una larghezza e una profondità simili, come Stormy Weather, un’opera che rappresenta una supercella – la madre delle tempeste – ispirata alle emozioni represse che prendono forma in una tempesta shakespeariana, anch’essa realizzata con rete di alluminio. Ho lavorato anche su opere più piccole, soprattutto in bronzo o acciaio.

Parte della tua produzione artistica è dedicata alla gioielleria. Esiste un legame tra le tue sculture e i tuoi gioielli o si tratta di due percorsi distinti?

In passato sono stata attrice, con una grande passione per la creazione di gioielli. Mi dedicavo soprattutto a concorsi, attratta dai temi stimolanti che mi permettevano di sperimentare forme insolite. Un giorno, una mia amica osservò i miei lavori e mi disse: “Sei una scultrice, solo che ancora non lo sai!”. Quelle parole segnarono per me una svolta, spingendomi a intraprendere questo nuovo percorso in maniera più consapevole. Ho sempre nutrito una forte fascinazione per i metalli e, oggi, sto valutando l’idea di tornare a esplorare la gioielleria, cercando di coniugare un approccio innovativo con la mia passione per i piccoli oggetti in metallo.

Ci sono artisti del passato ai quali senti di essere particolarmente legata o che hanno influenzato il tuo lavoro?

Quando mi pongono questa domanda, il primo nome che mi viene in mente è sempre quello di Auguste Rodin. Credo che ciò che mi affascina di lui sia il suo approccio al lavoro: le sue opere erano rivoluzionarie, ma non perché cercasse deliberatamente di esserlo. Ho l’impressione che creasse semplicemente ciò che vedeva, senza preoccuparsi delle critiche o degli elogi. Era perfettamente consapevole di come vendere le sue sculture, ma, quando si trattava delle opere che gli stavano più a cuore, credo che non avrebbe potuto realizzarle in nessun altro modo. Ed è proprio questo, ai miei occhi, che lo rende un vero artista.

Stormy Weather

Quali sono i tuoi prossimi progetti ed eventi?

Mi trovo all’inizio del mio percorso artistico, fresca di Accademia e con la fortuna di aver già ricevuto alcuni riconoscimenti, tra cui la possibilità di esporre la mia opera Mind of Its Own in diverse mostre. Tra i miei progetti imminenti c’è una mostra personale a Varsavia, in Polonia, in cui presenterò opere che combinano acciaio e rete di alluminio, un passaggio che considero la naturale evoluzione del mio lavoro. Continuo a esplorare il tema della percezione soggettiva della realtà, ma sto anche sperimentando nuovi materiali, che mi stanno portando verso l’integrazione di specchi e giochi di luce nei miei progetti futuri.

Condividi questa storia, scegli tu dove!