Intervista a Claudio Marinone
di Ilaria Ferri
Claudio Marinone inizia a disegnare all’età di 12 anni apprendendo i primi rudimenti delle tecniche di disegno. La sua grande passione per la calligrafia e per le lettere miniate, esplodono negli anni 2000 con la partecipazione a numerosi corsi nazionali ed internazionali. Diventa un quotato calligrafo: da decenni svolge lavori calligrafi per privati, Enti pubblici, case editrici e per alcune delle maggiori Maison di moda italiane. La passione per l’arte figurativa lo porta ad emergere come un artista poliedrico, le sue opere infatti spaziano dal disegno alla pittura, dalla grafica pubblicitaria al web design, fino ad affacciarsi nel 2021 ai primi esperimenti nella scultura
Nasce una Musa (opera vincitrice del Premio COMEL del Pubblico, ovvero la più amata dai visitatori della mostra Infinito Alluminio) è una delle tue produzioni più recenti, forse la summa del tuo percorso fino a questo momento. Come è nata? Come hai avuto l’idea di iscriverla al Premio COMEL?
Nasce una musa, rappresenta in effetti un percorso di crescita, anche se la sua creazione è di per sé è stata quasi casuale. Come per molti di noi, l’anno pandemico ha portato a dover necessariamente riempire il tempo. La personale passione per attività artistiche di vario genere, ha garantito una buona qualità della vita trascorsa in casa. Innescando dei processi cognitivi prodromici allo studio di materiali che potessero essere inseriti in alcuni lavori artistici su base calligrafica che avevo in mente. Da qui parte l’idea e la successiva lavorazione dell’opera nasce una musa. Il tutto prende vita dall’unione di due fasi progettuali diverse.
Nella continua ricerca e sperimentazione di nuove forme d’arte, la prima fase trova applicazione e profilo con l’utilizzo di un materiale comune, normalmente usato in ben più umili funzioni: il bullone in acciaio. La sfida principale è stata quella di realizzare opere che donassero una forma artistica ai materiali conglomerati, attraverso una certosina, e quasi sartoriale, operazione di assemblaggio di migliaia di pezzi singoli.
L’effetto di morbidezza ottenuto, certamente non propria di un materiale che per rigidezza ed uniformità geometrica è caratterizzato da un volume piuttosto che da una forma eterea, trasporta chi guarda verso un’atmosfera di sinuosa ed inusuale armoniosità.
L’amore per l’arte scultorea di Salvador Dalì, portano alla scelta di sottrarre parti della figura più che di aggiungere dettagli, immaginando così la bellezza femminile nella sua più ancestrale formazione, che attraverso la deframmentazione delle sue parti viene poi rigenerata in un atto d’amore verso quell’immagine ispiratrice che per l’artista è sua moglie: la sua musa.
Nella fase successiva è stata portata l’attenzione verso dinamicità, velocità e movimento nella rappresentazione della creazione stessa, che viene interpretata attraverso l’altra arte cara all’artista, ovvero la calligrafia.
Si immagina quindi l’uso del tratto calligrafico e dello “svolazzo”, che trasmuta il segno bidimensionale nella terza dimensione dello spazio.
Attraverso l’utilizzo di nastri di alluminio, studiandone curve e passaggi, i percorsi infine si intrecciano e con le loro spire e le forme sinuose l’opera si avvolge, quasi in una carezza che sfiora il volto della musa, mentre si rigenera nella sua forma umana.
Il mio carattere sempre competitivo, la voglia di mettermi in gioco, di pormi al giudizio degli altri con tutto ciò che comporta, crea in me un turbinio di emozioni che solo una manifestazione del genere può dare.
La scelta di partecipare al Vostro concorso è figlia di questo lato del mio carattere. Nel mese di febbraio dello scorso anno, avevo appena partecipato ad un concorso artistico indetto per il personale dell’Ente dove lavoro, ottenendo un buon riscontro. È stata la molla che mi ha spronato a ricercare un nuovo pubblico, al di fuori delle possibili conoscenze personali. Attraverso la ricerca in rete su un sito specializzato, mi imbatto in quello che per me sarà punto di rottura, di svolta artistica il bando del “Premio Comel – Vanna Migliorin”, dove l’alluminio è il protagonista e fil rouge dell’intera manifestazione, caratteristiche che mi riconducono immediatamente all’opera “Nasce una musa” presentandola così al concorso.
Girasole, 2022 – Acciaio e alluminio
Sei un affermato calligrafo. Un’arte antichissima che ha trovato il modo di reinventarsi e continuare a sopravvivere in questo mondo moderno nel quale anche solo scrivere un appunto a mano è diventata una rarità. Come ti sei avvicinato alla calligrafia? Cosa ti ha affascinato di più?
Sin da piccolo amavo guardare gli appunti di mio padre, lui era cresciuto in un periodo storico dove veniva ancora insegnata la calligrafia, o meglio l’arte della “bella scrittura” a scuola. Rimanevo estasiato da come riusciva a scrivere in maniera uniforme e per me bellissima. Mentre io, avevo quelle che da piccolo chiamavo le “zampe di gallina” ovvero una scrittura corsiva pessima.
Un po’ per gioco e un po’ per “farmi bello” con le ragazze, alle superiori scrivevo i loro nomi inventandomi grafie, a volte immaginifiche e quasi illeggibili, gettando di fatto le basi per quello che successivamente riprenderò per alcune lavorazioni realizzate per alcuni brand e campagne informative. La vera svolta avviene con mia moglie, complice ed ispiratrice di gran parte delle scelte di vita più azzeccate. Era il 2002 decidemmo di scrivere da soli le partecipazioni di nozze e così è iniziato il mio percorso nel mondo calligrafico. Comprai pennini carta e inchiostro, un bel volume con le basi tecniche di alcune grafie, muovendo di fatto i miei primi passi. L’esperienza fu meravigliosa, tanto da indurmi a frequentare corsi specifici sempre più avanzati con i migliori calligrafi italiani e internazionali. Corsi non solo rivolti alla grafia ma anche al disegno miniato, alle dorature, all’impaginazione ed alle tecniche tipografiche, fino alla preparazione di veri e propri libri rilegati a mano.
Purtroppo, i lavori calligrafici sono essenzialmente su commissione e per propria natura unici. All’artista non rimane molto di tangibile, salvo alcuni bozzetti e prove di risposta dell’inchiostro alla carta. Ma l’impronta mentale e il gesto acquisito per ogni singolo lavoro, rimane firma riconoscibile in molte delle mie opere pittoriche e scultoree. Impronta che anche nel caso della scultura “Nasce una musa”, si è sviluppata durante la lavorazione, attraverso un ragionamento e lo studio della trasposizione del gesto calligrafico dal bidimensionale al tridimensionale.
Natura e vita, 2022 – Tempere su carta
Parlando di Nasce una Musa affermi che lo “svolazzo” calligrafico trasmigra nella terza dimensione facendosi scultura. Guardando al tuo percorso, la scultura è davvero l’approdo materico e naturale della tua esperienza di calligrafo?
Come ho detto, nell’opera “Nasce una musa” la parte degli svolazzi calligrafici viene ricondotta nell’uso dei nastri in alluminio, che si trasformano nella parte “dinamica” del lavoro e allo stesso tempo ne costituiscono la struttura portante. La porzione che nasce dallo svolazzo si trasmuta in quello che fumettisticamente, riconduce al movimento, alla trasformazione e nello specifico alla formazione del volto della musa.
Quindi sì, le sinuosità riportate nella terza dimensione, derivano dallo studio della calligrafia dove le curve degli svolazzi non sono mai casuali, ma sono studiate per armonizzare il testo inteso come composizione grafica. La maggior parte di chi osserva non sa che fare uno svolazzo calligrafico richiede non solo lo studio dei passaggi ma ore e ore di esercizi utili alla mano e all’occhio, al fine di allenare il nostro cervello responsabile della percezione.
Nel corso degli anni ti sei dedicato con passione alle lettere miniate, e per lavoro al disegno tecnico meccanico. Colpisce la tua attenzione al particolare, la tua propensione a restringere il campo e a voler porre una lente d’ingrandimento su un dettaglio. Tutto ciò è ben rappresentato in varie opere (sia di pittura che nella stessa Nasce una Musa) quando ti soffermi sui volti e per la precisione su una parte di essi. Su cosa vuoi effettivamente porre l’attenzione, tua e dell’osservatore?
Come hai giustamente percepito, nei miei lavori il particolare è importante, certo non come per un iperrealista, ove la perfezione riconduce chi guarda a un’immagine quasi fotografica. Personalmente ricerco quella percezione visiva che mi porta a vivere delle emozioni sensoriali create dalla vista inducendo chi guarda a cercare un punto d’interpretazione individuale, quasi fosse paradigmatico delle macchie di Rorschach. Quindi ti rispondo sì, il particolare è per me importante quando suscita emozioni personali a chi guarda ed è quello che cerco di proporre.
Il mondo dell’Invisibile, 2022 – menzione d’onore del concorso internazionale “Luxembourg art” 2022
Affermi che, come artista, ciò che ti muove è la ricerca di esternalizzare l’interiore e di comunicare “il tuo bello”, al di là delle mode e di una pittura più di impatto. In cosa consiste il tuo Bello? Che cosa senti di voler urgentemente comunicare?
In fondo questa domanda è la summa di un prodotto interiore. Il bello è personale è proprio, frase banale ma non indifferente nell’arte, anzi.
A differenza del messaggio comunicativo che viene compreso in maniera univoca, la percezione della bellezza, in un qualsiasi lavoro, è frutto del sentimento di chi propone contrapposto alle sensazioni di chi vede, di chi apprezza, scevre dell’attrazione “epidermica personale”. Nella propria interpretazione, l’osservatore crea un suo bello come dato personale, soggettivo. Il mio obiettivo viene condotto nella ricerca in questa soggettività, di quei punti comuni che ne stimolano le sensazioni, l’appagamento visivo.
Chiaramente anche io non posso fuggire dall’individuazione di temi riconducibili a messaggi di ampia e facile lettura, quali il grido d’aiuto della natura, la forza della bellezza architettonica, la durezza della solitudine, che comunque ritengo facciata di una ricerca più profonda.
Mitchel, 2023 – Acrilico su tela
Disegno, pittura, calligrafia e ultimamente la scultura: sei un artista a 360° che spazia tre le varie tecniche. Con quale di queste ti senti più a tuo agio? Come nasce il desiderio di cimentarti con linguaggi sempre nuovi?
Inizio con il rispondere alla seconda domanda, ovvero la fantasia. In realtà ogni tecnica per me è sperimentazione, essendo in alcuni campi un autodidatta, anche in quelle tecniche classiche, le più storicizzate, c’è sempre un qualcosa di mio, una modifica. Questo stimola la mia fantasia la voglia di trovare nuove strade.
L’esempio: molti mi hanno chiesto il procedimento che ho usato per l’opera presentata al concorso, quando spiegavo che in realtà la parte in acciaio non era saldata ma incollata, tutti mi guardavano come un pazzo, chiedendomi come una colla bicomponente potesse reggere una struttura del genere. Far capire che ci ho messo quasi quattro mesi per trovare la giusta quadra che mi consentisse una buona tenuta meccanica e nello stesso tempo concedesse, a chi la guarda la sensazione di un qualcosa che si stava formando e creando dall’interno. Continuavo a provare i materiali più disparati, per poi scoprire che uno di questi sciogliendosi lasciava un residuo duro e resistente. Ma questo piccolo segreto lo tengo per me…
Ora dirti in quale tecnica mi sento più a mio agio, escludendo quelle calligrafiche che ormai vivono di due decenni di esperienza, è forse quella della lavorazione dei metalli. L’arte che oggi mi stuzzica mi stimola e nella quale anche non essendo un artigiano della materia, mi dà quella facilità e naturalezza fattuale che non ho avuto in altre forma artistiche.
Sono sicuro però di una cosa, semplicemente “MI DIVERTO”. Finché ci sarà questo spirito, ben vengano anche altre forme, tecniche, sperimentazioni anche realizzate a più mani, in collaborazione con altri artisti o artigiani che vogliano con me condividere divertimento.