PREMIO COMEL vanna migliorin 2024

Intervista a James Fausset Harris

di Dafne Crocella

Nasce a Gedda (Arabia Saudita) nel 1982 da genitori inglesi; pochi mesi dopo si trasferisce con la famiglia a Monti in Chianti (SI). Si diploma in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara arricchendo la formazione con un soggiorno in Giappone. Negli anni ha partecipato a mostre, iniziative e simposi di scultura in Italia e all’estero. Compie le prime esperienze con GUM Studio, la project room di Cripta 747 di Torino e la residenza Real Presence a Belgrado nel 2010. Una delle sue opere monumentali si trova a Siracusa nel Parc01, Binario Contemporaneo a cura di Marco Pierini. Attualmente vive e lavora principalmente a Carrara.

Con l’opera Strato Lucido hai vinto il Premio del Pubblico dell’XI edizione del Premio COMEL. Tra i tanti che ti hanno votato sei stato particolarmente apprezzato da giovani artisti. Che sensazione ti dà questa vittoria? E come ti poni verso le nuove generazioni che si avvicinano al lavoro di artista?

Sono venuto a conoscenza del Premio COMEL proprio nel periodo in cui mi approcciavo per la prima volta all’alluminio, questo mi ha dato la spinta per creare un’opera appositamente. Entrare a far parte dei tredici finalisti del concorso per poi ricevere questo riconoscimento è stata una grande soddisfazione. Il lavoro di artista e il mondo dell’arte sono in costante cambiamento, quindi credo che sia sempre importante essere coscienti del momento e del contesto in cui si agisce portando avanti la propria ricerca.

La tua opera si intitola Strato Lucido. Il tema della liquidità e della superficie dell’acqua torna spesso nel tuo lavoro, sia come area riflettente che come linea di separazione tra mondi: qualcosa che vive al di sotto e qualcosa che si manifesta sopra. Che valore assume la dimensione liquida nel tuo lavoro? E come rappresenti la fluidità attraverso l’uso di materiali statici?

È proprio così, la superficie liquida è un tema che mi affascina per una serie di motivi che trovo essere interconnessi. È una valida rappresentazione dell’immanenza, della scorrevolezza del tempo, di un attimo. Riflette ciò che è sopra e lascia intravedere quello che rimane al di sotto, quindi separa e allo stesso tempo unisce più mondi. Una foglia che cadendo si appoggia su una superficie d’acqua crea piccole increspature, lievi cerchi concentrici difficili da cogliere normalmente, ma che scolpiti nel marmo danno la fluidità dell’acqua alla staticità della pietra.

L’edizione di quest’anno del Premio COMEL si riferisce proprio alla superficie e a ciò che vive al di sotto. L’alluminio, come materiale, utilizza la superficie come membrana di protezione. Come hai espresso il concetto di “sotto la superficie” nella tua opera Strato Lucido? Senti che questo tema è stato di ispirazione al tuo lavoro?

Fortunatamente si, il tema era già di partenza vicino a idee su cui stavo lavorando. In una serie recente di disegni a matita, ad esempio, mi sono concentrato su tutto ciò che rimane in secondo piano, tralasciando volutamente il soggetto. Ho utilizzato questo tipo di approccio anche nella realizzazione di “Strato Lucido”. Partendo da una fotografia scattata nel bosco ho individuato gli elementi in secondo piano dandogli precedenza nella lavorazione; così facendo ciò che era in primo piano è rimasto intoccato, lucido e uniforme. È una esplorazione della profondità degli strati, un gioco di livelli, di lavorazione e non lavorazione, di pieno e di vuoto. Ho scelto questo titolo per l’opera perché uno degli strati della pelle si chiama appunto strato lucido, per la lucentezza delle cellule che lo compongono, quindi è un po’ un gioco di parole, ma anche una sovrapposizione di significati.

Strato Lucido mostra un interessante approccio all’alluminio, offrendo la possibilità di apprezzare questo metallo sotto molteplici aspetti, dalla plasticità alla luminosità. Che rapporto hai con questo materiale nella tua arte? Oltre all’alluminio, hai esperienze con altri metalli nel tuo lavoro? Che differenze noti nella loro lavorazione e nella loro resa?

In passato ho avuto qualche esperienza con metalli quali ferro, bronzo, rame ed ottone, attirato dalle complesse tecniche di lavorazione attraverso i secoli e dalla curiosa alchimia delle patine. Sebbene la mia esperienza con l’alluminio sia molto recente sono affascinato dalla sua natura duttile, il basso punto di fusione, la sua particolare reazione all’ossigeno che crea uno strato protettivo di ossido sul metallo. La mia conoscenza della tecnica dello sbalzo è limitata, per la realizzazione di Strato Lucido mi sono costruito un apposito attrezzo, un martello con la testa affusolata e liscia, per poter plasmare la lamiera. Dopo un paio di tentativi su diversi supporti ho montato un foglio vergine su una tavola di legno come se fosse la tela di un quadro, fissandolo lungo i bordi per poi procedere nella realizzazione dell’opera. Ne risulta allo stesso tempo un quadro ed un rilievo, un gioco di luce che nasce dalla cesellatura selettiva del metallo.

Nella tua ricerca creativa sono presenti diverse tecniche, dalla scultura al disegno, dalla tecnica a sbalzo all’incisione. Che rapporto hai con queste tecniche? Rappresentano delle fasi del tuo lavoro o si muovono parallelamente?

Mi sento libero di utilizzare diverse tecniche, materiali e soluzioni. Per me è importante un approccio trasversale, il fatto di non essere legato ad un medium o una lavorazione piuttosto che ad un’altra, di sperimentare, di lasciare che mezzi e materiali si contaminino tra di loro. Detto ciò il disegno per me viene prima di tutto, è un flusso costante, un calderone di idee e soggetti, da qui partono molti progetti mentre altri rimangono fermi sulla carta.

Nei tuoi lavori ritroviamo le grandi dimensioni delle sculture monumentali, come ad esempio l’opera per il Parco Monumentale di Siracusa, ma anche le piccole dimensioni del gioiello. Come ti rapporti a questi diversi formati e da cosa è mossa la tua scelta quando accosti un soggetto a una dimensione?

Per me soggetto e dimensioni non sono necessariamente legate, grande o piccolo dipendono da altro, trovo piuttosto facilità nel connettere soggetto e idea o soggetto e contesto. Per il Parco Sculture di Siracusa che si sviluppa su una grande scogliera a picco sul mare, aveva senso fare qualcosa di monumentale che attraversasse in qualche modo i secoli. Ho presentato il volto di una scultura classica scolpito da una macchina a controllo numerico di ultima generazione in un grosso pezzo informe di marmo. È il tentativo di creare un reperto contemporaneo, un “non finito” dei giorni nostri che ha inoltre la funzione di vaso in quanto l’agave che ci cresce sopra mette le radici nella terra attraverso un foro passante. È allo stesso tempo passato, presente e futuro, oltre che una contaminazione culturale, un reperto ellenico, in marmo di Carrara, realizzato da un robot. Chissà, magari un giorno si troverà sul fondale marino di Ortigia.

Spesso gli elementi naturali sono parte del tuo lavoro. Dagli studi sull’albero di banyan con il suo ampio tronco a quelli sulle foglie di ginkgo biloba. La possenza dei tronchi e la delicatezza delle foglie rientrano nello stesso tipo di ricerca? Che valore hanno questi elementi nel tuo lavoro?

La singola foglia appoggiata sulla superficie dell’acqua a cui ti riferisci cerca di fermare un attimo in un materiale millenario come il marmo; la foglia che prendo come riferimento viene spesso dalla pianta più vicina, come se fosse appena caduta, e pietrificata. L’albero di Banyan ha catturato la mia attenzione perché ha un particolare modo di crescere, lascia scendere delle radici dai rami fino al suolo, queste con il tempo si ingrossano, sorreggono gli stessi rami che si allargano ancora, permettendo alla pianta di raggiungere grandi dimensioni, attraverso un affascinante energia di crescita “circolare”.

Sei nato in Arabia Saudita e nel tuo percorso di formazione è presente un’importante tappa in Giappone. Come senti che la cultura di questi popoli abbia influenzato il tuo lavoro? La tua percezione estetica, oltre che concettuale è stata segnata dai tuoi studi in Giappone?

Si, sono stato più volte in Giappone, sia per motivi di studio che per lavoro, queste esperienze mi hanno permesso di approfondire tecniche di lavorazione tradizionali della pietra e dei metalli ma sono state anche vere esperienze di vita. Essendo cittadino inglese, nato in Arabia Saudita, cresciuto in Italia, non ho mai avuto un vero senso di appartenenza, di radici, in quanto ho una famiglia grande con parenti lontani. Durante il mio primo soggiorno in Giappone, sono stato uno straniero come mai prima, un’esperienza totalizzante che mi ha lasciato moltissimo. È difficile non essere colpiti da una cultura così sensibile nei confronti della natura, l’essenzialità della forma e della composizione, dove le tradizioni sono in forte contrasto con le sfaccettature della società moderna.

Le tue opere monumentali, ma anche alcuni lavori più piccoli, hanno sicuramente un forte impatto site specific. Alcune opere raccolgono particolari sfumature luminose tanto che le hai definite time specific. Che rapporto hai con gli spazi in cui collochi i tuoi lavori? Come concili la staticità di un’opera con il continuo mutare della luminosità di un cielo?

Studiare un’opera in funzione di un determinato ambiente è certamente una sfida. Anche quando non si tratta di una commissione, nella quale già conosco l’ubicazione finale, cerco di tenere conto del rapporto con lo spazio circostante, lasciando però che sia l’opera stessa a creare un collegamento immediato con l’ambiente. Per questo continuo ad esplorare diverse soluzioni con superfici specchianti, permettendo che la luce entri a far parte dell’opera e quindi modifichi la nostra percezione di essa. Da qui nasce la mia volontà di conferire mutevolezza ad un materiale statico, che cambia aspetto in base delle condizioni ambientali. Sono sculture su cui influiscono più fattori grazie alla loro superficie lucida, il collocamento nello spazio, la sensibilità alla luce in continuo cambiamento. Si crea così una connessione con lo scorrere del tempo, dove la luce è protagonista.

A giugno allo Spazio COMEL sarà ospitata una tua personale. Hai già idee a riguardo?

Giugno si avvicina e sono già al lavoro sulla mostra allo Spazio COMEL. Si, ho tante idee, è un’occasione ottima per portare avanti questa serie e iniziare alcuni lavori nuovi. Posso anticipare che l’opera del concorso sarà il mio punto di partenza per la mostra.

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