Intervista a Monika Kosior
di Ilaria Ferri
Grafica, nata in Polonia. Vive e lavora a Roma. Si è formata all’Accademia di Danzica, dove ha approfondito gli studi sulle trame e il lavoro di tessitura e sulla manualità dell’incisione. Oggi il suo percorso di ricerca creativa mostra l’intrecciarsi continuo di diversi ingredienti: la passione per il disegno e la fotografia, l’amore per la Fiber Art e la tessitura, il piacere per la morbidezza della natura e la lucentezza dei metalli, l’alternarsi del bianco e del nero, la ricerca continua per l’armonia e la semplicità.
Menzione speciale della giuria nella VII edizione del Premio COMEL con la seguente motivazione “In My Open heart, l’artista polacca Monika Kosior gioca con raffinatezza tra il “cuore aperto” dell’intimità psicologica e spirituale dell’artista e il disvelamento quasi chirurgico dell’anatomia di un organo da sempre in bilico tra le sue funzioni fisiche e la sua millenaria connotazione metaforica e simbolica”. Raccontaci come è nata questa opera, dall’idea all’esecuzione, quale percorso ti ha condotto verso una così raffinata esteriorizzazione di quanto di più intimo abbiamo: il cuore.
La mente ha partecipato poco in questo processo creativo nel quale non c’è stata alcuna pianificazione. È stato il desiderio dell’anima che mi ha guidato fin dall’inizio. Quando ho toccato per la prima volta le fibre tessili che ho utilizzato nella mia opera, con quel loro colore rosso intenso, in quell’attimo mi sono sembrate il tessuto organico del mio cuore.
In my open heart
L’esperienza del Premio COMEL: cosa ha significato per te partecipare, essere scelta tra i 13 e ricevere una menzione speciale ?
È stato un riconoscimento artistico per me molto importante visto il prestigio del Premio COMEL ma ancora maggiore è stata la soddisfazione a livello personale di ottenere la menzione speciale per un’opera così intima ed introspettiva.
Tu hai studiato presso l’Accademia di Danzica e poi sei venuta in Italia, in cosa si differenziano, se in effetti sono diversi, l’ambiente artistico polacco e quello italiano?
Entrambi gli ambienti artistici sono stati per me molto stimolanti. Ma certamente presentano delle differenze sostanziali. Per ragioni storiche (censura politica, mancanza di contatti con l’esterno, richiesta dell’impegno politico) gli artisti polacchi sono stati limitati per molti anni nell’espressione della loro arte. Solo dopo la caduta del Muro di Berlino c’è stata una vera esplosione di creatività in ogni campo dell’arte. Non solo la pittura o la scultura ma anche il cinema, la letteratura ed il teatro. Io, per mia fortuna, ho vissuto in questo momento di grande fermento creativo durante il quale ho maturato le basi del mio linguaggio artistico. Quello italiano è sicuramente un ambiente più “maturo” in quanto l’espressione artistica è sempre stata patrimonio collettivo che non ha vissuto momenti di censura cosi lunghi e intensi come quelli in Polonia.
Hai cominciato studiando grafica e poi ti sei tuffata nella più intensa manualità artistica. Come è avvenuto il tuo approccio alla Fiber Art e forse più precisamente alla Soft Sculpture? Cosa ti ha portato a sperimentare con i materiali? Quali sono i materiali che preferisci lavorare?
Prima che cominciassi gli studi di grafica all’Accademia delle belle arti a Danzica avevo già studiato la tessitura presso il liceo artistico a Suprasl. È proprio li che è nato il mio amore per i tessuti. Con il telaio e i fili si poteva dare sfogo alla creatività senza avere apparentemente alcun limite. Pur prediligendo i materiali naturali come lana e seta, mi diletto a maneggiare i fili di metalli morbidi, come alluminio, rame e ottone, tessendoli come se fossero fibre tessili.
Si direbbe che la tua arte sia molto femminile, in diverse accezioni del termine: dalla tessitura e l’intrecciare a mano, ritenuti per secoli un’attività casalinga e affidata alle donne, al lato più intimistico e concettuale delle tue opere. Un’espressione artistica che suggerisce e lascia molto spazio interpretativo all’osservatore. Sembrerebbe che ci sia un leit motiv nelle tue opere: il forte desiderio di comunicare ma senza esibirsi.
Nella mia arte, sicuramente molto femminile e concettuale, non c’è desiderio di stupire o sorprendere l’osservatore ma solo di esprimere la mia parte più intima. E questo attraverso tecniche tradizionali, tipicamente femminili che racchiudono le doti insiste della donna.
In questi ultimi anni stai frequentando assiduamente l’ambiente artistico romano. Cosa ha significato per il tuo percorso artistico?
Ogni incontro porta con se sempre qualcosa di nuovo. L’arte è sia espressione individuale che della coscienza collettiva. Oggi io faccio parte dell’ambiente artistico romano. E far parte di un ambiente significa esserne influenzata nella propria espressione artistica ma anche pensare di influenzarlo con le proprie idee ed opere. O almeno mi piace pensarlo.
Dunque il tuo percorso di sperimentazione e multidisciplinarietà dove ti sta portando? E nel prossimo futuro dove pensi ti porterà?
Il mio percorso subirà sicuramente delle evoluzioni che neanche io oggi conosco e che saranno probabilmente il risultato della contaminazione di tecniche e materiali diversi. Ma oggi la Fiber art rimane la mia ‘disciplina’ preferita. Vorrei approfondire la tecnica del ricamo, il macramè e l’uso del tombolo per poterli usare nelle mie future creazioni. Proprio in questi giorni una delle mie sculture di Fiber Art che ho chiamato ‘Lamente’ partecipa ad un’iniziativa intitolata ‘Diffusione Culturale’ promossa dall’Assessorato alla Cultura di Como, luogo tradizionalmente legato alla seta e ai filati in generale.