Intervista a Rachele Tinkham
Intervista di Ilaria Ferri
Rachele Tinkham nasce a Venezia dove si forma in ambito artistico. Attualmente è iscritta al biennio di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Tra Venezia e Bologna, Rachele partecipa a mostre collettive e collaborazioni con artisti, studi grafici e sperimenta attraverso la performance come duo artistico assieme ad un’altra artista. Utilizza il linguaggio del suo corpo per comunicare con il pubblico attraverso la sua persona e la sfera familiare. Le piace giocare con immagini e video, inventando storie e aneddoti attraverso un punto di vista surreale e impuntato sul gioco.
What are you watching? (particolare)
Molti artisti intendono l’arte come possibilità di esprimere sé stessi in maniera silenziosa e indiretta, come un messaggio lasciato in una bottiglia che prima o poi qualcuno leggerà. Al contrario Il tuo modo di fare arte, soprattutto nelle performance e nelle mostre realizzate con il progetto Plastikhaare, è incentrato molto sul rapporto con lo spettatore che è chiamato in causa, è invitato a partecipare attivamente, quasi fosse una ricerca antropologica. Quanto è importante per te conoscere la reazione di chi guarda le tue opere o le tue performance?
Chi si trova davanti a una mia opera, che sia una scultura o una performance, sono sicura che sente qualcosa. Non si tratta solo di guardare, soffermarsi sul ‘mi piace’ o ‘non mi piace’, quello che ha importanza è l’energia che si crea quando l’attrazione per qualcosa si intensifica con la propria presenza connessa a tutte le altre presenti in quel preciso istante.
Pantonia 85-001 TN Color of love
Nel tuo percorso, nonostante la tua giovane età, hai già affrontato tantissime tecniche diverse: dalla performance all’installazione, dal video alla manipolazione delle fotografie, passando per la scultura e molto altro ancora. Sei alla ricerca di un tecnica che faccia per te, quindi sperimenti sempre nuovi percorsi? osemplicemente non vuoi venire incasellata in un genere o in un solo linguaggio?
Sai qual è il problema? Non ho voglia di annoiarmi e di conseguenza non sto mai ferma. Qualsiasi oggetto o materiale che mi appare davanti, nella mia testa diventa subito oggetto di emozione. Mi annoia produrre le stesse cose, sviluppare gli stessi temi e parlare delle stesse cose. Mi sento liquida. Come acqua, riempio qualsiasi tipo di recipiente che mi ospita. A tratti sono calma e a tratti sono tempesta.
Esperimento di vestizione onirica, 2023
L’ironia e il senso dell’assurdo, il surrealismo contribuiscono alla dissacrazione di stereotipi. Il gioco e l’anticonformismo sono ricorrenti nel tuo percorso artistico, che si tratti di performance, fotomontaggi, sculture, opere realizzate all’uncinetto. Sembrano essere tutti tasselli che tentano di comunicare un nuovo concetto di identità, in questo senso c’è un messaggio particolare o una idea che vuoi assolutamente inviare allo spettatore?
In questo ultimo periodo di intensa ricerca, ho lavorato con il materiale che più preferisco: il mio inconscio. L’ho utilizzato come una grande coperta che ogni notte ho ricamato con i miei sogni, incubi e desideri. Di giorno mi ci vesto. L’aspetto surreale della mia pratica artistica mi permette di analizzare e di giocare con quello che la notte mi offre, per poi tradurlo in immagini, sculture indossabili e installazioni. Tutto avviene nella mia camera da letto che è diventato anche il mio studio. Quello che voglio dire è di non escludere mai nessuna intuizione o idea, anche se può sembrare illogica o imbarazzante.
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La tua famiglia è molto presente nei tuoi “giochi” con le immagini, in particolare tua nonna è anche protagonista del documentario Tonia. Un importante confronto generazionale tra una donna che ha vissuto tempi molto diversi dal presente e sua nipote. Raccontaci questa esperienza.
Io e la nonna siamo diventate amiche fin da subito. Mi piace la nostra complicità e apprezzo molto il fatto che sia una persona che ha voglia di imparare. La cosa che amo di lei è proprio la curiosità. Con lei, insegno e imparo nello stesso momento. È una creatura magica, tornata giovane all’età di 87 anni. Quando le chiedo di farmi da modella per qualche scatto fotografico, lei si mette subito in posa. Cos’altro posso dire? Sono proprio fortunata. Lei mi insegna il passato e io le insegno il futuro.