PREMIO COMEL vanna migliorin 2024

Intervista a Rebecca Diegoli e Francesca Vimercati

di Ilaria Ferri

Francesca Vimercati (2000) e Rebecca Diegoli (2001) sono entrambe diplomate in Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Francesca Vimercati ha studiato presso la fornace Abate Zanetti di Murano. Dopo questa esperienza, in parallelo agli studi accademici, ha continuato ad approfondire le diverse modalità di lavorazione del vetro, come la tecnica a lume e la vetrofusione. Rebecca Diegoli dopo il diploma accademico ha proseguito gli studi presso il Politecnico di Milano, indirizzo Design della comunicazione. Durante il percorso di studi si è avvicinata al campo del Graphic Design e del Web design, sperimentando diversi linguaggi di programmazione.

Avete partecipato al Premio COMEL con l’Opera “Fragile” elaborando in maniera concettuale il tema “Alluminio, sotto la superficie”. Un riferimento letterale che implica una serie di contenuti simbolici e svariate interpretazioni. Come è nata l’idea di quest’opera?

Leggendo la tematica del bando abbiamo pensato a come poter esprimere le qualità dell’alluminio, paragonandole a quelle dell’essere umano. Sapendo che l’alluminio è un materiale superficialmente molto resistente ma con una grande duttilità, ci è venuta in mente la scatola, come rappresentazione del corpo umano, che dentro di se racchiude sentimenti, esperienze e idee che cerca di mascherare per difendersi. Lo scopo era quello di esprimere ciò che spesso si nasconde dietro le apparenze, che trapela ma non è immediatamente visibile. Le bolle di vetro all’interno della scatola, sono la rappresentazione della fragilità che l’uomo porta con se durante il percorso della vita.

Per realizzare quest’opera avete utilizzato alluminio e vetro, generando una serie di opposti: interno/esterno, fragile/resistente, nascosto/visibile, in divenire/fisso. Come è stato utilizzare questi materiali? Li avete scelti con la consapevolezza di creare questo dualismo?

La scatola di alluminio è nata dopo aver analizzato le proprietà fisiche del materiale stesso, che ci ha portate a ricercare un materiale con qualità contrarie. Il lavoro di Francesca con il vetro ci è sembrato molto pertinente all’idea di opposizioni che avevamo in mente di realizzare.

Entrambe avete studiato all’Accademia di Brera ma poi intrapreso strade diverse, come è nata la vostra collaborazione? In che modo le vostre esperienze formative e le vostre diverse sensibilità artistiche si sono incontrate e contaminate in questo progetto?

Siamo due ragazze molto giovani, l’idea di lavorare insieme ha dato una sensazione di sicurezza ad entrambe. Inoltre, siamo due artiste con due approcci all’arte molto differenti: Francesca è più orientata sulla gestualità astratta e il saper fare artiginale, Rebecca è più concettuale e ha un’estetica più minimale. È stato bello constatare come il dualismo che sta alla base dell’opera rifletta le nostre personalità artistiche: le bolle di vetro irregolari da una parte e la lastra di alluminio liscia e geometrica dall’altra.

Fragile ha un chiaro riferimento psicologico e di crescita personale, quanto sono importanti per voi queste tematiche? C’è un messaggio che volete comunicare?

È un argomento su cui ragioniamo da tempo e che crediamo riguardi soprattutto i ragazzi e le ragazze della nostra età, che non sono ancora totalmente indipendenti, ma devono iniziare a fare i conti con il mondo degli adulti. Spesso accade che si tenti di mascherare delle debolezze, piuttosto che riconoscerle, per non sentirsi inadatti a reggere le aspettative degli altri.

Ritenete che i temi della fragilità e della resilienza abbiano un’eco particolare nel mondo contemporaneo? In che modo il vostro lavoro dialoga con queste dinamiche sociali?

Nella società contemporanea il tema della fragilità è all’apice di molte questioni attuali. Spesso si sente parlare della nuova generazione e di quanto questa venga ritenuta più fragile; questo è dovuto alla pressione psicologica che viene sottoposta alle giovani menti nell’età della crescita, che spesso rende i ragazzi insicuri e non all’altezza di quello che sarà il loro futuro. Allo stesso modo la capacità dei giovani di saper reagire alle difficoltà, li porta alla fase evolutiva verso l’essere adulti. La nostra opera rappresenta la volontà di mascherare sotto una corazza le innumerevoli fragilità che l’essere umano affronta nella vita.

Ci sono degli artisti o delle opere specifiche che hanno influenzato il vostro percorso e il vostro modo di approcciare l’arte?

Francesca si ispira ad artisti come Franz Kilne, della corrente dell’espressionismo astratto, Alberto Burri nell’arte povera e al celebre astrattismo di Vasilij Kandinskij. Rebecca trova delle affinità con l’arte concettuale dei newdadaisti come Rauschenberg, Spoerri e Manzoni.

La vostra passione per la grafica è sfociata in due mondi diversi, quello del tecnologico e del web per Rebecca e quello dell’artigianato e dell’arte per Francesca. Come si sono sviluppati i vostri percorsi?

La grafica ha dentro di sé diverse diramazioni, per questo è difficile definirla. Rebecca è sempre stata interessata alla capacità comunicativa di tale disciplina, ciò l’ha portata a specializzarsi nel campo del Graphic Design. Francesca, invece, è affascinata dalle possibilità espressive dell’incisione grafica, simile a quella data dal vetro.

Come vedete il rapporto tra tradizione artigianale e innovazione tecnologica nel vostro lavoro? In che modo questi mondi, apparentemente opposti, si integrano nella vostra opera?

La tecnologia applicata all’artiginato crediamo sia fondamentale per far sì che quest’ultimo abbia una possibilità nella contemporaneità. L’estetica industriale dell’opera viene elevata dal contrasto con il vetro soffiato artiginalmente: è un esempio di come queste due realtà apparentemente in opposizione possano coesistere e comunicare efficacemente.

In futuro pensate di continuare a collaborare o ciascuna sta intraprendendo una propria carriera?

Il premio COMEL è stato un trampolino di lancio per noi. L’intenzione è quella di continuare a collaborare anche in futuro.

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