Intervista a Rosella Restante
di Ilaria Ferri
Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma, Rosella Restante inizia la sua ricerca artistica prima attraverso l’osservazione della figura umana, passando per una fase espressionista, e approdando poi al concettuale esprimendosi attraverso la scultura, il disegno, l’incisione, la fotografia e il video.
Il suo è un punto di vista lirico ma anche minimalista ed espressivo che fa dello spazio il luogo prediletto per la continua indagine e ricerca d’identità. Un percorso artistico multidisciplinare che nella scultura la vede sperimentare vari materiali come ferro, travertino e sale.
Nel corso della sua carriera ha esposto in varie personali e collettive in Italia e all’estero.
In molti hanno sottolineato che nella sua ricerca artistica lo spazio e il tempo sono “strumenti di indagine e affermazione di identità”. Nelle sue opere la percezione di spazio e tempo è alterata e incanalata nell’intento di proporre al pubblico un tema, un concetto, uno spunto di riflessione. È una dinamica che supera l’arte concettuale, perché fonde l’estetica con una dimensione culturale. Ce ne parli.
Credo che lo spazio e il tempo siano la dimensione primaria della vita.
Nel momento che ne ho avuto piena consapevolezza, la mia ricerca artistica si è spostata verso l’organizzazione spaziale dell’installazione, Ogni lavoro si colloca all’interno di un dialogo misurandone lo spazio. Non mi interessava più realizzare un’opera-oggetto con una simbologia strettamente collocata all’opera., ma ognuna di esse, pur nella piena autonomia esistenziale, doveva e deve tutt’ora, contribuire alla realizzazione di una tematica più vasta. In questo sono d’accordo con lei quando accenna ad un superamento dell’arte concettuale, quantomeno del primo periodo. Tutto procede attraverso un percorso di varie tappe che approdano in concetti che concernono la storia del percorso fino a determinarne la tematica.
Questo è stato evidente nell’ultima mostra Una mappa al giorno in cui il concettualismo si fonde con l’estetica dichiarandone il mistero, che si aggiunge ad ogni tappa di consapevolezza.
Quando nasce un’urgenza di lavoro, per me, non esiste pubblico, ciò non toglie che ogni opera è destinata ad un osservatore.
UNA MAPPA AL GIORNO, acrilico e inchiostro su cartoni
Si è diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Roma in pittura, poi ha scoperto l’incisione e pian piano ha sperimentato mezzi espressivi sempre diversi: la fotografia, l’audio e video, le installazioni. Il suo percorso l’ha portata gradualmente a una tridimensionalità che va molto oltre l’opera stessa, che implica una immersione totale dell’osservatore, lo stimolo a seguire molteplici piani di fruizione e da parte sua l’applicazione di vari saperi e competenze tecniche sempre maggiori. Come è avvenuta questa evoluzione? Cosa l’ha portata a voler sperimentare nuovi ambiti e nuovi modi di entrare in contatto col pubblico?
Sì, mi sono diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma in pittura nel momento in cui ho smesso di dipingere. Ho avuto la fortuna di incontrare un maestro come Guido Strazza nella scoperta dell’incisione, del suo percorso alchemico e del rapporto con il materiale. Forse è stato questo che mi ha portato verso la ricerca e la sperimentazione di vari materiali: ferro, vetro, rame, alluminio, travertino ecc. Nel frattempo disegnavo molto, il disegno mi ha sempre accompagnato, posso considerarlo il mio imprinting. Quando l’installazione chiede la fotografia, uso questo mezzo, oppure il video se ho bisogno di completare l’insieme con un’attenzione in cui il tempo lo contiene e lo spazio si misura con il suono o rumore.
VISITANDO LA PAROLA, Installazione più video
Il linguaggio, la parola, le lettere dell’alfabeto, ma anche la poesia e il libro sono un tema centrale che torna in varie sue opere in particolare in alcune installazioni (mi riferisco non solo alla mostra Visitando la Parola – Roma 2011, per citare un’occasione tra tante, ma anche al libro d’arte presentato in concorso al Premio COMEL). È come se attraverso l’Arte lei dia uno spessore fisico alla letteratura, al racconto, alla comunicazione. Quanto sono importanti per lei la dimensione narrativa e il linguaggio all’interno del suo percorso artistico?
Il linguaggio, la poesia per me sono fondamentali, sono sempre stati, insieme all’arte, la dimensione della spiritualità e razionalità. Proprio nella mostra VISITANDO LA PAROLA ho espresso il mio disagio sull’impoverimento del linguaggio tornando ad una comunicazione fisica-gestuale. Nel video facente parte della mostra, inserisco i segni della mia voce dopo averla registrata. Si svolgono nel silenzio più totale perché in questo caso è il segno che parla.
Nel libro d’artista, per me mezzo ideale, è come racchiudere una mostra nelle sue pagine, costretta ad una sintesi e ad una comunicazione più immediata, la fisicità dello sfogliare dà un senso di appartenenza. A volte il titolo dell’opera è una frase estrapolata dal testo di un poeta, NON ANCORA E GIÁ è di Mimmo Grasso.
La letteratura, come ho già accennato, ha sempre fatto parte della mia vita insieme alla musica e al cinema, altro mio grande amore. Dopo l’accademia ho seguito un corso di regia cinematografica con Silvano Agosti.
Tutte queste esplorazioni mi hanno aperto mondi in cui l’incontro con “altro” può essere fondamentale.
FONEMA…in sola vocalità, Libro d’artista, inchiostro e graffi su carta
Sebbene nel suo percorso artistico abbia sempre sottolineato lo sfasamento, la mancanza, la fragilità degli equilibri, lo ha fatto con poesia, l’afflato lirico permea le sue opere. Come concilia questi due aspetti apparentemente distanti?
Si convive sempre con lo sfasamento, la fragilità degli equilibri, per questo occorre una mappa al giorno che nella sua visione generale, ci aiuta a ritrovare un sentiero mentale, umano, spirituale che ci riporti in uno spazio di grande forza.
Come faccio a raccontare con poesia e afflato lirico? Non lo saprei dire, credo che sia la vita stessa a regalare questo sguardo.
Partecipando al Premio COMEL con l’opera Humanitas, un libro d’artista in alluminio, ha realizzato una felicissima sintesi di una serie di concetti. Da una parte quello del filo conduttore che lega l’Universo e l’Uomo dal micro al macrocosmo, un racconto dell’essere umano attraverso il racconto del mondo, delle scienze, che potrebbe continuare all’infinito e allargandosi a moltissimi altri ambiti; dall’altra un sottile e implicito riferimento a quanto impedisce un legame che in realtà sarebbe naturale e giusto, tra la Natura e l’Uomo e tra gli uomini stessi. Come è nata questa idea? Come si è svolta la sua realizzazione?
L’opera HUMANITAS è nata in forma di libro in alluminio nel momento stesso che ho letto il titolo del bando, Legami in alluminio, con le misure in cui l’ho realizzato, con le stesse scritte e pagine. É nato già grande. Ho raccontato nella presentazione dell’opera, che sono tornata indietro nel tempo,
quando ho letto Il Tao della fisica di Fritjof Capra. Mi aveva colpito il concetto di base in esso contenuto. Le frasi scientifiche che riguardano la struttura molecolare dell’alluminio, confermano la teoria di Capra, nell’affermare che il comportamento umano e il suo sguardo sul mondo, espressi dall’arte e dalle religioni, sono in seguito confermate dalla scienza, nel suo caso nella meccanica quantistica. Seguo da neofita questo settore che considero incantesimi del nostro tempo. Nel tema Legami in alluminio, metafora del sentire umano, ho proiettato la mia dimensione personale della percezione del tema uomo-universo, tema che è stato spesso presente nella mia ricerca di vita ed arte.
Tanto è stato semplice il concepimento della scultura-libro, tanto è stato complesso realizzarla, volevo vedere l’opera pulita, innocente, per dare all’alluminio più libertà di luce possibile. Per questo ho cercato di evitare qualsiasi, anche piccola, struttura portante. In ogni caso, il mio lavoro tende alla concentrazione di energia in una sintesi che contenga la forza delle emozioni che voglio raccontare.