Intervista a Sergey Filatov
di Rosa Manauzzi
È un artista poliedrico che spazia dalle belle arti alla musica. Autore di strumenti musicali e sculture sonore. Dal 2003 è membro della International Association of Art – AIAP UNESCO. Vincitore del premio di arte contemporanea Kuryokhin 2016, nella categoria “Best media object”. Le sue opere fanno parte di collezioni in Russia, India, Canada, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti. Ha partecipato ad importanti progetti artistici e festival, come “Ars Electronica” (Linz, Austria), “Biennale of Contemporary Art” (Moscow), “Waterfront” (St. Petersburg — Helsinki — Copenhagen); International cultural forum (State Hermitage).
Vieni definito artista del suono. Qual è la tua formazione (scuole d’arte, strumenti musicali che ha studiato, artisti o correnti artistiche che ha seguito) e le più importanti influenze nella tua carriera?
Ho sempre avvertito profondamente il suono intorno a me. Ogni cosa che ci circonda è in continuo movimento. Diverse componenti delle forme infinite del mondo materiale interagiscono tra loro secondo le leggi naturali. Il suono nasce da questa interazione. Gran parte del mio percorso creativo, che abbraccio empiricamente, apprende e segue la natura e le sue leggi, mi considero come parte integrante dell’universo e penso che il mondo sia un unico organismo.
Ho due lauree, in arte e in ingegneria. Queste strade apparentemente scollegate, si intersecano perfettamente producendo risultati interessanti. Sento che il presente è unità di scienza, spiritualità e arte.
Sono ispirato da vari artisti e musicisti di epoche diverse, con il loro fuoco creativo e le loro scoperte. Ho familiarità con le opere dei musicisti accademici e artisti avanguardisti dello scorso secolo. Ma non posso dire che qualcuno di loro mi abbia fortemente influenzato nella mia formazione artistica. Sono nato in una famiglia di artisti professionisti e fin da piccolo sono stato impegnato nell’arte visiva, sentendo la totale libertà di esprimermi e di sperimentare costantemente. Anche viaggiare ha influenzato il mio approccio all’arte, in particolare i viaggi in India. Sono stato molte volte in questo paese incredibile, esplorando la cultura, la vita e la filosofia. Lì mi è stata data l’opportunità di contemplare ed essere più attento all’ambiente sonoro. Ho ascoltato spesso i musicisti locali che suonavano la musica classica indiana e improvvisazioni. Ispirato dal suono degli strumenti, li ho praticati per un po’ nel mio studio creativo. Improvvisavo sullo esraj e gopichand indiani, sullo shakuhachi giapponese, il violino classico e vari tamburi etnici. Poi ho scoperto l’autosufficienza del suono prodotto da strumenti e oggetti che avevo creato per questo scopo.
Sei un musicista, un inventore, un artista. Come e quando hai deciso di unire queste abilità e talenti diversi per creare opere d’arte per la prima volta?
L’amore per la tecnologia e il design mi è stato trasmesso da mio nonno, ingegnere e navigatore. Fin da piccolo mi appassionava costruire strumenti e meccanismi, usando semplici componenti e parti della radio. Ho ricevuto la prima istruzione presso l’Istituto di Ingegneria Navale, specializzandomi in ingegneria meccanica. Poi ho capito che l’arte mi era più congeniale. Avendo fatto anche studi superiori di arte, ho continuato la mia carriera come artista, combinando diversi approcci e direzioni, lavorando con la pittura, il suono e la tecnologia. Questa intersecazione di base è uno dei tratti della moderna sperimentazione artistica.
I miei primi esperimenti con il design di strumenti musicali e sculture sonore sono iniziati nel 2012. Poi ho assemblato il primo marchingegno sonoro, un sintetizzatore, sul principio del “circuit bending”. Insieme agli esperimenti nel campo dell’elettronica, ho iniziato ad esplorare le caratteristiche sonore di vari materiali: metalli, quarzi, formazioni naturali, plastica, ecc.. All’inizio, ponevo più attenzione alla creazione di strumenti musicali insoliti, in seguito mi sono dedicato alla creazione di sculture sonore e oggetti sonori tecnologici, come pure di istallazioni spaziali e architettura sonora.
Quando stai pianificando le tue opere, cosa viene prima? L’artista o il musicista?
L’aspetto sonoro e visivo sono uniti nella mia percezione, ma negli anni recenti sono più coinvolto nella costruzione di sculture sonore, strumenti musicali e performance sonore. Cerco la forma come artista e il suono come musicista. Perciò, nel processo creativo, questi aspetti sono ugualmente importanti per me. Per prima cosa, come regola, sono interessato al potenziale sonoro dell’opera che verrà.
Ridare vita “nella stessa forma ma con un nuovo scopo” è il progetto di riciclo definito “Secunda Vita” che porti avanti dal 2013. Hai lavorato su una serie di oggetti tecnologici sonori. Gli strumenti tecnologici difettosi o ridondanti sono stati trasformati in sculture. Il tratto principale di questi lavori è il principio della continua variabilità, tipico dei fenomeni naturali. Il visitatore è chiamato a confrontarsi con una sorta di consapevolezza acustica. Pensi che l’arte possa salvare il pianeta?
L’arte sostiene e sviluppa il senso della bellezza nella persona. Di grande importanza è il messaggio semantico ed emozionale che l’artista offre allo spettatore. Come ogni cosa di questo mondo, l’arte è uno strumento attraverso il quale puoi creare e distruggere. Nel mio approccio, mi soffermo sulla consapevolezza acustica, invito il visitatore e ascoltatore nell’area della contemplazione di un singolo suono o di un “paesaggio sonoro”.
Hai partecipato a mostre molto importanti, come Waterfront, 2017 (San Pietroburgo, Helsinki, Copenaghen), Art Electronica, 2015, (Linz, Austria), Geek Picnic, 2017, CROSS-ART 2015, Technoart, 2016, ProToArt 2017, ecc.. C’è qualche particolare esperienza che non dimenticherai mai?
Tutti i festival e le mostre a cui ho avuto la fortuna di partecipare, mi hanno dato un’esperienza unica di transizione verso nuove idee, accrescendole. Davvero insolito e brillante per me è stato il Waterfront project dove ho presentato due lavori in una volta: il primo era dedicato al mare Baltico (paesaggio sonoro multicanale, basato su registrazioni sul campo, realizzate sott’acqua con l’impiego di idro-telefoni da me realizzati).
Il secondo lavoro è stato fatto in un genere specifico del sito. Ho creato un oggetto sonoro tecnologico costruito all’interno di una vera camera iperbarica. Come risultato, è diventato uno spazio acustico iperbarico dal suono complesso.
Un’altra esperienza interessante è stata all’Usabda jazz festival, dove è stato possibile creare una cupola sonora in cui diversi oggetti e sculture nello spazio dell’emisfero suonavano come in un concerto.
Anche il festival internazionale Artprospekt è stato indimenticabile: l’istallazione sonora era sospesa nell’arco di una casa. Un’esperienza di arte pubblica, ho sentito il gradimento, il sostegno e la gratitudine dei cittadini locali.
Sei membro degli artisti di Russia, dell’Associazione Internazionale d’Arte – IAPA UNESCO, membro del sindacato creativo professionale “Partenariato della cultura libera”, e inoltre membro della Community artisti del suono. Qual è il tuo impegno e obiettivo come artista individuale e come membro di tali importanti comunità?
Far parte di una comunità particolare di professionisti, vuol dire, per un artista, avere l’opportunità di interagire e condividere esperienze con i colleghi ad un certo livello di conoscenza e abilità, risolvere problemi insieme e crescere insieme.
Lo scorso anno, la tua scultura, “Orpheo: canto per le balene”, ha vinto come Miglior Oggetto mediatico all’ottava edizione del Premio d’arte contemporanea Sergey Kuryokhin (San Pietroburgo). Il suono è fondamentale per le balene e i delfini, per la caccia, gli spostamenti in mare e soprattutto per la comunicazione. È anche una sorta di eco-localizzazione. Poiché non sono dotati di corde vocali, come riescano a produrre il suono è ancora un mistero. Nello stesso modo, il risultato artistico è spesso un atto misterioso della creazione. Forse c’è una comune mano spirituale sulla bellezza, tutta, in natura e in arte?
È esattamente ciò che penso! Non smetto mai di sorprendermi per la varietà di forme in questo mondo e la specificità di ciascuno. Sento che tutto fa parte di un unico organismo, in cui ogni cosa è interconnessa e si influenza. Tutto ciò che esiste nel mondo è un atto creativo. La Natura stessa è l’artista Supremo. Non c’è dubbio che una forza spirituale ispiri e guidi ogni essere vivente nell’atto creativo, in un modo o nell’altro.
Hai appena vinto la settima edizione del Premio COMEL con l’opera Platosonus. La giuria ti ha insignito del premio con la seguente motivazione: “Nell’opera Platasonus, Sergey Filatov, rifacendosi alle sperimentazioni tra musica d’avanguardia e arti visive, con essenzialità costruttiva e originale e minimale tecnologia, utilizza l’alluminio come metallo sonoro, grazie all’azione percussiva di fili mossi da semplici congegni elettrici, recanti all’estremità piccoli batacchi. Il contrasto tra l’essenzialità funzionale della struttura e la suggestiva casualità degli effetti musicali si risolve in un senso di delicata, discreta e intimistica armonia, non scevra da una sottile e forse inquietante allusione alle possibili ibridazioni tra l’uomo e la macchina”.
Cosa pensi di questa esperienza in Italia e in modo specifico del Premio?
Per è stato motivo di grande gioia che Platosonus sia stato selezionato e sia stato in mostra con le opere di grandi artisti italiani e di altri paesi. Davvero un grande onore e immensa felicità sapere di essere il vincitore del premio della giuria. La visita in Italia e la comunicazione con i partecipanti e gli organizzatori della mostra ha ampliato i miei orizzonti sia dal punto di vista creativo sia per le relazioni umane.
Quanto all’interazione tra uomo e tecnologia, è inevitabile per la vita civilizzata del nostro tempo. Sviluppare tecnologie consente alle persone di penetrare in angoli più sottili e complessi dell’universo, a livello macro e micro, che è anche un dei metodi dell’auto-conoscenza. Comunque, nel caso di Platosonus, non avverto l’ansia dell’ibridazione, è piuttosto la combinazione armoniosa di robotizzazione e sensualità.