Intervista a Sonia Scaccabarozzi
di Ilaria Ferri
Sonia Scaccabarozzi è nata a Vimercate nel 1969, attualmente vive e lavora a Merate in provincia di Lecco. Frequenta l’Istituto d’Arte di Monza, dove incontra AG Fronzoni, designer milanese e maestro di vita. Nel 1996 si avvicina alla scultura sperimentando diversi materiali, la ceramica è il primo di questi. Passa poi al legno, realizzando opere grafico-tridimensionali di forte impatto cromatico, e poi ai metalli. Con il ferro realizza sculture e installazioni che raccontano la vita di tutti i giorni, le emozioni, gli incontri, la gente, il cielo, la luna, il vento. Dal 2019 inizia a utilizzare anche il cemento, dapprima sperimentandolo insieme alla carta, due materiali opposti che le permettono di giocare all’infinito con forme, colori e spessori diversi e poi col filo, in un connubio evocativo ed emozionale.
Con l’opera Verso l’Infinito e Oltre, che si è guadagnata la menzione speciale della giuria della IX edizione del Premio COMEL, Infinito Alluminio, inviti l’osservatore ad aprirsi a nuove sfide, ai cambiamenti, a guardare al futuro con passione e desiderio di crescere. Un messaggio positivo che deriva da una riflessione sul materiale, infatti affermi “L’alluminio mi insegna proprio questo: può essere riciclato, scaldato, cotto, modellato, è capace di mostrarmi forme e modi a cui non avevo pensato e solo trasformandolo e lavorandolo scopro le sue e le mie potenzialità” come è stata per te l’esperienza con questo metallo? Come è nata quest’opera e l’idea di iscriverla al Premio COMEL?
Trovo l’alluminio un materiale meraviglioso che collabora attivamente nella realizzazione delle opere; dico collabora perché si lascia lavorare, si lascia controllare, è come se tra me e il materiale ci sia una sorta di complicità.
In passato ho realizzato altre opere in alluminio in un caso ho forato letteralmente il foglio di alluminio, l’opera si intitola “Fuori dal Mondo “. Il puntino solitario è colui che sta fuori dal Mondo, che non è allineato, che cerca, si incuriosisce, si sorprende, esplora.
“Blob”, è invece un’opera in cui fili di alluminio inglobati nel cemento occupano uno spazio e un tempo; sono ben ancorati ma attraverso la luce e punti di osservazione diversi trasmettono dinamicità e movimento. È molto importante per me l’ombra che le opere creano, ritengo sia una forte componente, di conseguenza anche la luce è fondamentale, imprescindibile; la luce crea le ombre e l’alluminio la restituisce regalando effetti sorprendenti, inattesi.
Verso L’infinito e Oltre è nata per il Premio COMEL. La parola Infinito all’interno del titolo del concorso mi ha portato subito alla mente un cartone animato che i miei bambini, ora giovani adulti, non smettevano di guardare. Il messaggio dentro questo titolo è un inno a guardare oltre, a superare le difficolta, a crescere a non smettere di imparare e l’alluminio in questo caso come ho già detto mi ha permesso di giocare, di scoprire nuove forme, di trasmettere un messaggio distraendo l’alluminio stesso da ciò per cui viene normalmente impiegato.
Fuori dal mondo, 2017
Parlando del tuo percorso artistico affermi che tutto è nato dal “bisogno di esprimermi attraverso il disegno”, poi è venuta l’esigenza di “dare tridimensionalità al segno” e “giocare con forme, colori e spessori diversi”. Una crescita di forme, dimensioni, spessori: dal disegno alla grafica per giungere alla scultura, anche di grandi dimensioni, e alle installazioni. È stata un’evoluzione in senso materico casuale e spontanea o una ricerca voluta e progressiva?
La mia storia parte dalla grafica, quindi dalla bidimensione, ma parallelamente cresceva il bisogno di creare di modellare di trasmettere “il mio dentro” attraverso le mani, così ho rivolto questa necessità all’argilla e piano piano ad altri materiali che vedevo, che “incontravo” casualmente.
Blobb, 2018
Il poeta e critico d’arte Donato Di Poce definisce il tuo modo di fare Arte “poesia scolpita”, sottolineando come gli aspetti stilistici-formali vadano di pari passo con l’aspetto più emozionale e metaforico. Tu stessa affermi che realizzi “sculture e installazioni che raccontano la vita di tutti i giorni, le emozioni, gli incontri, la gente, il cielo, la luna, il vento”. Qual è la tua priorità quando crei? E il tuo rapporto con i materiali?
L’arte per me è diventata “cura”. Quando lavoro mi sento in pace, mi sento libera mi sento al sicuro, sono felice. Lavorare la materia è meraviglioso, i materiali mi aiutano a sentire, sperimentare mi racconta chi sono. Questo lavoro mi ha portato ad incontrare persone che sicuramente non avrei raggiunto senza l’arte, anche questo aspetto è qualcosa che arricchisce e mi commuove.
Il bosco dei violini
Questo lato poetico dei tuoi lavori che viene spesso sottolineato non mette affatto in ombra una attenta ricerca formale, una continua sperimentazione dei materiali (dalla ceramica al legno, dai metalli all’argilla, dal cemento alla carta), una precisa progettazione dei lavori. Il tuo processo creativo segue un iter particolare o cambia di volta in volta in base all’ispirazione o al materiale usato? Come nascono e si sviluppano le tue idee?
Il processo creativo non segue un iter particolare, a seconda del momento, del materiale, del sentire, l’opera inizia a prendere forma e capita spesso che ciò che sto realizzando mi porti nuove idee, spesso anche gli “errori” si trasformano in nuovi inizi, ciò che era sbagliato in un lavoro diventa un prezioso spunto per un altro.