Intervista ad Alessandro Armento
di Rosa Manauzzi
Nasce a Cava De’ Tirreni (SA) nel 1990. Diplomato presso il Liceo artistico statale di Salerno (2009), consegue il Diploma accademico di I livello in Pittura, presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli (2013) con una tesi in Storia dell’Arte intitolata “Dalle Arti minori all’Industrial Design”. E’ attualmente studente del biennio specialistico di Pittura, presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nei suoi lavori sperimenta le possibilità offerte dai diversi mezzi e materiali e le possibili applicazioni dei precetti matematici nel campo della arti visive.
Sei un artista giovane eppure da due anni a questa parte, per due volte, sei stato sulla scena internazionale, grazie alla VI edizione del Premio Limen Arte 2014 e poi grazie al Premio COMEL ‘Vanna Migliorin’ Arte Contemporanea 2015. Due esperienze che ti hanno messo a confronto con artisti di varie provenienze e diverse formazioni artistiche. Che bilancio puoi trarre?
Al momento più che ritenermi soddisfatto, mi ritengo onorato per aver preso parte a concorsi di tale importanza e prestigio. Questi, oltre ad aver incrementato in maniera significativa il mio curriculum artistico, mi hanno permesso un confronto con persone che, già da diverso tempo, hanno intrapreso il percorso che cerco di seguire. Tutto ciò ha radicato in me la convinzione che una “carriera artistica”, per poter essere definita tale, deve essere strutturata su una continua ricerca/crisi, che va necessariamente alimentata con incessante curiosità e grande determinazione nel produrre e proporre il proprio messaggio.
Mi sento quindi di poter sostenere, che gioie come queste, seppur di breve durata, sono un’importantissima fase per il coronamento di un lavoro e più in generale, un incentivo a proseguire su questo percorso.
Hai conseguito il Diploma accademico di I livello in Pittura e continui a specializzarti presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Chi sono al momento i tuoi artisti (o anche movimenti artistici) di riferimento?
Una figura fondamentale per la mia crescita è indubbiamente Bruno Munari, amo la sua chiarezza, l’eleganza e la semplicità, riscontrabili tanto nei sui lavori artistici e di design in genere, quanto nelle sue tesi ed i suoi metodi. Ricorro spesso ad essi prima di sviluppare un’idea e concretizzarla in un lavoro.
Altre figure che reputo determinanti per il mio percorso sino ad ora sono: Beato Angelico, soprattutto nel “Cristo deriso” e i grandi protagonisti del Futurismo, del Costruttivismo e del Minimalismo.
L’artista vivente che ammiro di più è Anish Kapoor: ritengo che le sue opere siano un concentrato di perfezione formale e concettuale.
Equilibrio
I tuoi lavori vanno dallo sketch di viaggio, in cui ami rappresentare dettagli incontrati per caso, a un’indagine spudorata dei sentimenti umani più reconditi, che traspaiono dalle espressioni dei volti e, nella peggiore delle ipotesi, nelle azioni brutali di cui riesci a dipingere il colore dell’odio e della violenza. Ma il tuo studio si fa via via più equilibrato nel tempo e arriva a costruire città in cui ogni dettaglio serve a bilanciare parte della dimensione urbanizzata, fino ad approdare ad autentiche sculture in equilibrio che giocano con gli elementi naturali e con il suono. Che importanza ha l’arte, secondo te, nel ‘sanare’ gli esseri umani?
Le arti sono determinanti per il semplice fatto che chi le pratica o chi ne fruisce, riesce a trovarsi in qualche modo strappato alla grettezza del mondo urbanizzato e più vicino al “disegno” della nostra esistenza. Ritengo inoltre che queste potenzialità “curative” vadano sfruttate al meglio, nel senso che bisogna fare sì che le arti plasmino la nostra società e le città stesse, facendo in modo che queste ultime contemplino e siano parte integrante della natura.
Il progetto Flabrum è arte-interazione, in cui aspiri a far comunicare materiali industriali con la natura e con altri esseri umani. Com’è stato accolto? Diventerà parte del paesaggio come opera permanente?
Il progetto “Flabrum”, nasce nel corso di una fruttuosa esperienza accademica, più precisamente dagli input ricevuti durante il corso di Landscape Design, guidato dalla docente Laura Basco. Ci è stato chiesto di intervenire artisticamente e dialogare con una determinata zona della città di Napoli.
In seguito ho ampliato e perfezionato la mia proposta installativa, e per mia grande soddisfazione, il progetto è risultato finalista al Concorso internazionale di idee “Il Teatro alle scale”, indetto dalla Fondazione Plart di Napoli.
Naturalmente, il mio sogno sarebbe quello di vedere installate queste “sculture musicali” in uno dei luoghi più suggestivi di Napoli, quale è la Pedamentina di San Martino. Tuttavia, almeno per il momento, Flabrum resta soltanto un progetto su tavole A3.
Matematica e arte visiva. Sembra essere un connubio fondamentale per te. Puoi spiegarcelo?
Quello fra matematica ed arti visive, credo che non sia un connubio importante solo per me, ma per chiunque si avvicini al mondo dell’arte, nella sua accezione più vasta.
Il principio della composizione, oltre che essere fondamentale nell’ambito delle “belle arti”, nasce dall’indole stessa dell’uomo, che induce a disporre le proprie attività e di conseguenza le città, secondo uno schema geometrico. Sostengo quindi che questa relazione non sia una caratteristica di questo o quell’artista, ma che faccia parte dell’inconscio collettivo.
L’equilibrio che ami rappresentare è anche segno di caducità, effimero, tentativo di cogliere quell’attimo dopo il quale c’è la caduta. Le tensioni dei fili, la torsione degli elementi, sembrano cercare un possibile ancoraggio. L’opera d’arte alla fine riesce ad ancorarsi e l’artista invece? Possono i simboli archetipi dargli un bilanciamento sicuro?
L’artista, come sostenevo poc’anzi, non può essere stabilmente ancorato, altrimenti diverrebbe sedimento, non riuscirebbe a creare nuove visioni, ma solo lunghi echi di quanto già detto in precedenza.
Gli archetipi sono un immenso bacino di supporto al nostro sapere e alla nostra esistenza, tutti possiamo accedervi e servirci di loro per le più svariate attività. Essi più che radicare la consapevolezza di un artista, servono a ricordarci chi siamo e dove viviamo.
Installation view, Kinesi
La tua opera “Parete verticale” è stata selezionata tra le tredici migliori opere dell’Unione Europea per la partecipazione al Premio internazionale COMEL ‘Vanna Migliorin’ Arte Contemporanea 2015. Qual è l’idea alla base e come è stata realizzata?
Da un punto di vista formale, l’idea era quello di creare una scultura che richiamasse una struttura architettonica, che si auto sorreggesse attraverso giochi di scarichi di forze e che potesse essere smontata e riassemblata a piacimento. A livello simbolico, l’intento era invece quello di rappresentare un’ascesa potenzialmente senza fine.
La scultura è stata realizzata ricavando 8 tasselli triangolari di alluminio, su ognuno dei quali sono presenti fori per consentire il passaggio del filo elastico, che a sua volta permette di comporre e scomporre a piacimento il lavoro.
Che progetti hai per il futuro e qual è l’opera che sogni di realizzare?
Il mio più grande progetto per il futuro, – oltre quello di continuare a fare ciò che amo riuscendo a sopravvivere – è porre le basi per la formazione di un gruppo di creativi a trecentosessanta gradi, al fine di realizzare progetti che spazino dall’architettura al design in genere.
Infine sogno di realizzare un’opera che suggestioni quanti nel futuro vorranno intraprendere il percorso che ho iniziato.