Mostafa Rahimi Vishteh
Tehran, IRAN
www.rahimiartglass.com
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Mostafa Rahimi Vishteh
Tehran, IRAN
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CENNI BIOGRAFICI
Nasce a Tehran (Iran). Si laurea in Architettura presso l’Università di Firenze, nel 1980. Successivamente lavora presso alcuni studi di architettura della stessa città, occupandosi di progettazione architettonica, urbanistica e design di arredo fino al 1992 e come libero professionista fino al 1998. Si avvicina poi all’arte dei vetri colorati (stained glass), studiandone a approfondendone al meglio le tecniche di progettazione e realizzazione. Dal 1999, nel suo studio/laboratorio, sfruttando le opportunità tecniche costruttive offerte da questa tecnica e combinandola ai suoi disegni e progetti d’arredo e design, crea una sua personale tecnica e visione artistica, per far interagire le diverse proprietà fisiche e caratteristiche estetiche dei vari materiali in un’unica opera composita ed armonica. Sculture e installazioni moderne composte dall’intreccio tra materie, come ferro, acciaio, rame, alluminio, vetro, e tramite geometrie curve. Attualmente vive e lavora a Latina.
OPERA IN CONCORSO
SAPERE SEPOLTO, 2016
SCULTURA - Lastra di alluminio, cartoncino, cordicella per cuciture, inchiostro
cm 62 x 104 x 2.5
Nell'opera di Mostafa Rahimi Vishteh (Sapere sepolto) una forma sintetica, elegante e vagamente allusiva, sembra interpretare in chiave di attualità motivi decorativi dell'arte mediorientale. L'artista utilizza il metallo come base metaforica, oltre che visiva e simbolica, sfruttando proprio la sua luminosità per comporre un fine decoro segnico-formale.
Intervista di Rosa Manauzzi
Per me i colori, esattamente come fossero delle note musicali che in uno spartito, riescono a trasmettere una miriade di emozioni ed evocare tempi, luoghi, spiritualità.
La tua arte ha la caratteristica costante di unire diversi contesti geografici e culturali. Le tue origini probabilmente giocano un ruolo importante, così come il tuo essere un ‘artista in viaggio’, approdato in una terra ricca d’arte e portatore a sua volta di enormi tradizioni artistiche. Ci racconti brevemente il tuo viaggio dall’Iran all’Italia?
Dopo essermi diplomato al Liceo Scientifico Azar di Tehran, ho deciso di proseguire gli studi in Italia che per me era, ed è ancora di più oggi, sinonimo dell’Arte e dell’Architettura nel mondo, in particolare in quello occidentale.
Sono arrivato in Italia con un visto di studio, prima a Perugia per studiare la lingua italiana e successivamente a Firenze dove mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura nel 1975, con intenzione di tornare in Iran dopo la laurea, ma con la rivoluzione occorsa in Iran nel 1979 le cose sono andate diversamente!
Utilizzi materiali diversissimi, comunque non facili da lavorare e soprattutto privi di leggerezza. Eppure il tratto che più facilmente si percepisce nei tuoi lavori è che riesci a ‘sottrarre peso’ ai materiali che adoperi e a conferirvi luce. Quanto conta la forma geometrica in questo processo quasi alchemico?
La forma geometrica intesa come un insieme di singole figure geometriche elementari o complesse, linee curve e rettilinee che descrivono percorsi e superfici mutevoli che raccontano una storia, una riflessione, una passione…. Sì, la forma geometrica è un elemento determinante, che fa vibrare ciascun elemento e fa sì che tutti insieme entrino in risonanza, raccontando di sé all’osservatore.
Fa parte di questo processo anche l’uso dei fili di acciaio e ferro che, seguendo le linee del disegno, in un gioco di trasparenze dei vetri colorati e di pieni e vuoti, traspirano leggerezza.
Il vetro, trasparenze a cui conferisci storie intense che attraversano luoghi e tempi. Com’è iniziato questo grande amore artistico che oggi ti rende noto al grande pubblico?
Non riesco a focalizzare un momento preciso, ma credo che sia un percorso iniziato fin da bambino, quando, per ristrettezze economiche (primo di sei figli), ho imparato a destreggiarmi per costruire da solo i miei giocattoli. Crescendo e acquisendo competenze specifiche, durante gli anni di scuola, questa manualità e creatività hanno acquisito sempre di più un valore artistico. Sicuramente la mia formazione professionale da architetto e la frequenza dei corsi, letture e pratica sugli argomenti che mi interessavano, come la fotografia, l’astronomia, l’elettronica (da hobbista ero quello che oggi viene chiamato maker) e l’arte dei vetri colorati sono stati determinanti. Credo che le tracce di tutto ciò siano ben visibili nelle mie opere.
Metal wire bending, vetrofusione, pittura a fuoco e ossidi su vetro, legatura Tiffany, legatura a piombo, patinatura a caldo e freddo dei metalli sono le tecniche che comunemente adoperi per opere in ferro, acciaio, rame, zinco, alluminio, piombo, stagno, legno, vetri colorati, colori e smalti ad ossidi di vari metalli per il vetro. Alla fine ottieni delle opere che ami definire “quadri scultura”. Una nuova forma di arte? O un nuovo modo di considerare l’opera finita anche relativamente allo spazio che andrà ad occupare?
Forse ambedue le cose, ma sicuramente un nuovo modo si considerare una scultura moderna.
Normalmente quando si parla di una scultura, subito il pensiero si concentra su un’opera in pietra, legno, argilla o metallo che va collocata direttamente a terra o su un piedistallo.
Personalmente uso la definizione “quadro scultura” per descrivere come va collocata una certa opera nell’ambiente, visto le sue peculiarità e che si tratta di un’opera sufficientemente leggera come un quadro.
Mostafa Rahimi Vishteh nel suo studio
Danza, musica, mitologia mediorientale, spiritualità… sono alcune delle tematiche ricorrenti delle tue rappresentazioni. Su tutto il colore e la luce dominano e trainano lo sguardo dell’osservatore. Gli occhi sono letteralmente rapiti dalle forme colorate. I colori sono simboli?
In generale direi di sì! Per me i colori sono delle frequenze che con la loro vibrazione, se accostati propriamente, rientrano in risonanza insieme e riescono a suscitare fortissime emozioni. Esattamente come fossero delle note musicali che in uno spartito, riescono a trasmettere una miriade di emozioni ed evocare tempi, luoghi, spiritualità.
Un progetto ambizioso, che fa parte delle installazioni cinetiche, in cui coniughi tecnologia e arte, ecologia e design: il “Rotore eolico ad asse verticale con il profilo delle pale di tipo parabolico, a resistenza aerodinamica per generatori di energia elettrice” (brevetto registrato). Come nasce l’idea?
Tornando ancora sul discorso della geometria, durante il “Corso della applicazione di geometria” alla Facoltà di Architettura, sono rimasto affascinato da queste entità chiamate genericamente superfici Quadriche Rigate, con caratteristiche molto interessanti e impiegate nei progetti architettonici in svariati ambiti. Nel corso degli anni ho fatto ampio uso di queste superfici nei miei progetti.
Fatta questa premessa, durante i primi anni del 2000, provavo a realizzare modellini in scala delle sculture e delle installazioni cinetiche per lo studio e la verifica del funzionamento di alcuni miei disegni. Durante questi esperimenti ho avuto l’idea di usare questo tipo di superficie in una variante chiamata “paraboloide iperbolico”, come le pale per catturare l’energia del vento.
Dopo alcune prove e verifiche sui modellini costruiti appositamente, sono rimasto sorpreso dalle prestazioni tecniche. L’ impatto visivo gradevole e la grande velocità di rotazione dei modellini realizzati, mi hanno portato a esperimenti e studi molto più approfonditi durati circa due anni per preparare personalmente la pratica del brevetto, presentarlo nel 2006 e ottenere il “Brevetto Industriale” nel 2010. Nasce così una installazione eolica funzionale, ornamentale in grado di fornire energia elettrica eolica a utenze private o pubbliche in città o in zone difficilmente raggiungibili dalla rete elettrica come zone rurali, stazioni meteo, rifugi alpini, agriturismo e altre utenze situate in zone ventilate.
Dovrei precisare che questo rotore va completato con un generatore a magneti permanenti progettato appositamente. Infatti sono alla ricerca di sponsor e finanziatori per sostenere il completamento del progetto.
Premio COMEL V edizione, tema: la luce. Il pubblico vota la tua opera e ti premia insieme all’artista Elena Diaco Mayer. Il tuo lavoro si intitola “Sapere sepolto” (2016) ed è un quadro-scultura costituito da una lastra di alluminio, cartoncino, cordicella per cuciture, inchiostro. In lingue e scritture diversissime, cuneiforme inclusa, ripeti continuamente i versi danteschi “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura”. Perché li hai scelti? E cosa rappresenta la babele linguistica?
Premetto che avendo fatto gli studi in Iran, mi manca quell’insegnamento della Divina Commedia che invece è parte integrante nelle scuole italiane. Ho letto molto sulla figura di Dante ed alcuni canti dell’Inferno. Trovo sorprendentemente attuale la crisi morale, etica e di valori della società medioevale che traspare dai suoi versi. Una crisi morale che è la causa principale dei grandi e piccoli disastri provocati dall’umanità nel corso dei millenni. Purtroppo esempi di tale comportamento in tutti i campi e a livello mondiale sono più che palesi.
Detto questo, “Sapere Sepolto” rappresenta simbolicamente l’Umanità, con una stratificazione delle lastre di alluminio e cartoncini con scritture ad inchiostro, che raccontano delle proprie esperienze e conoscenze acquisite nel corso dei millenni.
La scelta del primo verso della Divina Commedia è dovuta semplicemente al suo significato spirituale e alla universalità della riflessione dantesca, valida per tutte le culture ed espressioni linguistiche del mondo.
Sottotitolo dell’opera: sepolto tra i veli della veste il “Sapere” per raggiungere il benessere globale, sopraffatto dalla propria evoluzione tecnologica.
Richard Buckminster Fuller diceva “L’umanità sta acquisendo tutta la tecnologia corretta per tutte le ragioni sbagliate.”
da sx: Vela, Atlante, Samurai
Quali sono i tuoi riferimenti artistici (Maestri, opere) verso cui ti senti riconoscente?
Come Maestri indubbiamente vorrei ricordarne alcuni tra i tanti: Arch. Aldo Bacherini, docente di fotografia presso la Facoltà di Architettura di Firenze, per il magnifico corso; Arch. Ugo Saccardi, professore di Applicazioni della Geometria Descrittiva presso la Facoltà di Architettura di Firenze; Arch. Adolfo Natalini con il quale ho avuto l’onore di collaborare per la stesura di alcuni suoi progetti, imparando moltissimo da lui. Studio d’Architettura e Ingegneria di Alessandro Chimenti; Arch. Alessandro Moroni; Arch. Franca Paggetti. Kargah Honar (Officina dell’arte) di Tehran, corso di sculture di ceramica al tornio.
Come riferimenti tecnico-artistici: Arch. Frei Otto per la struttura a rete di cavi d’acciaio per i Giochi Olimpici di Monaco del 1972. Richard Buckminster Fuller, per le sue strutture spaziali in acciaio e le geniali tensostrutture da lui definite Tensegrity. Antonio Canova, nel Monumento Funebre a Maria Cristina d’Austria, e tutte le altre sue sculture.
Tutti gli artisti e architetti del movimento Art Nouveau; Victor Horta; Gustav Klimt; Louis Comfort Tiffany. Inoltre Salvador Dalì; Pablo Picasso; Vasilij Kandinskij; Joan Mirò, e qui mi fermo altrimenti la lista sarebbe lunghissima!
Come si svolge la giornata tipo dell’artista Mostafa Rahimi Vishteh nel suo laboratorio?
Beh, è la prima volta che cerco di immaginare una “giornata tipo” nel laboratorio.
Le opere che realizzo sono spesso il risultato di un processo che copre un arco di tempo abbastanza lungo che, a seconda del progetto, può durare da pochi giorni ad un mese o più.
Pertanto se sto lavorando su un progetto già iniziato, appena arrivato in laboratorio riprendo subito il lavoro perché sono sempre impaziente di vedere il risultato finale. Spesso sono costretto ad interrompere anche per alcune ore per risolvere dei dettagli tecnici strutturali o estetici che per me sono importantissimi. Invece se devo iniziare un nuovo progetto le giornate sono incentrate sullo studio degli schizzi, la preparazione dei disegni definitivi e la programmazione del lavoro esecutivo. Per poi passare alla realizzazione.
Il mio laboratorio è nelle campagne dell’agro pontino a pochi passi dal fiume Cavata. Tempo permettendo una lunga passeggiata lungo il fiume aiuta molto a raccogliere le idee, rilassarsi un po’ e magari trovare qualche situazione interessante da fotografare.
L’artista è un solitario o un osservatore silenzioso?
Per me ambedue le cose. Solitario, specialmente nei momenti di lavoro. Solitario, per una lunga passeggiata in montagna che con il suo silenzio apparente dà vita ad una profonda meditazione. Meditazione che è rivelatrice delle nuove riflessioni e idee che generano nuovi progetti.
A questo proposito, il grande poeta persiano Omar Khayyam, vissuto nell’undicesimo secolo, in una delle sue quartine affermava:
“Non posso nascondere il sole con un pugno di polvere,
Non posso svelare i misteri del segreto Destino;
Dal mare della Meditazione la Sapienza m’ha tratto una Perla,
Una Perla, che per tremor di paura non posso infilare.”
Desidero ringraziare Rosa Manauzzi per le sue belle domande, che mi hanno fatto ricordare e rivivere piacevolmente parte del mio passato e del presente.
Rivolgo un ringraziamento speciale alla famiglia Mazzola, Gabriella e Adriano come promotori ed organizzatori del Premio COMEL, che incoraggiano e stimolano così tanta partecipazione e creatività negli artisti.